Pink Day: la giornata per la prevenzione contro il tumore al seno

articolo di Marina Donnarumma. Roma 19 ottobre 2022

ottobre 2019 street workout dedicato alle donne operate di tumore al seno

Nell’ottobre del 2019 partecipai a uno street workout particolare, dedicato alle donne operate di tumore al seno. Quel giorno fu memorabile ed emozionante, partecipe di tanto coraggio e testimonianze. Donne che si sono rimesse in gioco dopo paura e sofferenza, donne che vivono la vita con entusiamo e coraggio, che fanno sport duri e lavorano come tutte. Molte fanno sport duri come ad esempio il ” dragon boat” per riacquistare la forza nelle braccia.

Pink Day Street workout ottobre 2019

Oggi la donna è rosa, la donna è rosa tutti i giorni, come un alba e come tutte le albe che rinnovano il giorno. Fare prevenzione si può? Si può arrivare in tempo, se scopri in tempo, qualche volta è silente, ma le vittorie sono più frequenti delle sconfitte. Il cuore delle donne, la forza, il coraggio è rosa, colore fresco profumato come il più bel fiore che porta questo nome.

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Nell’ ottobre 2019, partecipai a Terracina, provincia di Latina, a questo street workout indimenticabile.

Street workout, io. Pink Day

A tutte può accadere, tutti siamo sotto lo stesso cielo, uniti possiamo sconfiggere questo mostro che si chiama cancro. Qualcuna non ce l ha fatta, ma questo non vuol dire che non ha combattuto fino all’ultimo respiro. Io ne ho conosciuta qualcuna, il ricordo ancora mi strazia, tutti abbiamo ricordi che ci devastano e ci fanno soffrire.

Questo racconto è tratto da una storia vera, ho scritto in prima persona perché ho cercato di essere lei ,non so se sono riuscita a capire fino in fondo lo stato d’animo di chi sa che sta per morire ma, una cosa l’ ho capita che il suo ricordo e coraggio dentro l’anima mia per sempre.

Vivevo fuori di me, ero io che mi osservavo. La realtà, solo il marchio delle dita sul nodulo del mio seno destro.

Non l’avevo più palpato, ma il peso delle dita era cosi intenso, che le sentivo ancora. Nonostante ci fosse stata l’attesa snervante delle analisi, mi avevano operata subito.

Ora, sentivo che sotto le fasciature il seno mi tirava, ce l’avevo ancora! Respirai di sollievo, mentre mio marito, mia madre, mi osservavano con apprensione in attesa che, io mi svegliassi dall’anestesia.

I loro volti erano pallidi e tirati ma, in quel momento mi venne da ridere perché pensai a come era il mio!

Andò tutto bene e pensai -mai più quelle squallide mura verdoline semi scrostate dall’odore ripugnante di antisettico e brodo di dado-.

-No!- dissi al dottore -non mi sottoporrò alla cura per non avere più le mestruazioni, sono giovane, ho un figlio solo e ne voglio un altro!- Il dottore espresse il suo disappunto io, però, mi sentivo forte e grossa come una leonessa.

-Mi sottoporrò ad ogni cura preventiva ,farò gli esami di routine ma, io voglio un altro figlio!-.

Tutto era andato bene, avevo sconfitto la bestia, potevo occuparmi di mio figlio, andare in palestra,

fare l’aperitivo con le amiche. Ora la vita aveva un sapore diverso, un odore migliore, entusiasta di vivere.

Dopo le notti insonni e il terrore iniziale, da cui mi svegliavo zuppa di sudore con gli occhi terrorizzati, era passato tutto..

L’estate e anche le cinque estati dopo, furono bellissime, mio figlio cresceva, adoravo il mare! L’unico neo,

bello grosso, mio marito.

Sempre più lontano da me e dai nostri dialoghi, non mi cercava più, eppure io, ero sempre quella di prima, due belle tette, capelli ricci scuri, lunghi.

Carnagione calabrese di cui ero orgogliosa e che testimoniava la mia origine..

MI specchiavo, ero sempre la stessa, forse più interessante, sempre ironica , divertente, mio marito sempre più impenetrabile. Amava gli amici eccessivamente e non so chi altri, tra di noi un mutismo che non riuscivo a spezzare.

Credo che ce l’avesse con mia madre, invadente, secondo lui. Anche secondo me ma, non riuscivo a dirle no e mi dominava con la sua personalità e, alla fine lui accettava tutto.

Che mia madre ci facesse la spesa, ci pagasse le vacanze, ovviamente insieme a lei,

ci comprasse la macchina nuova oppure nuovi mobili.

Questo era comodo ed io non riuscivo a liberarmi dalla forte e prepotente personalità di mia madre. Quando avevo qualche screzio con lei, per farle capire, per tutta risposta, mi portava a fare shopping e io dimenticavo il motivo della discussione.

Ogni sei mesi facevo i controlli di routine, e quel giorno non fu come tutti gli altri.

Il medico mi fece sedere e mi disse che avevo una macchia ai polmoni ed era necessaria una biopsia urgente. -Bisogna agire subito- mi disse -la chiamerò per l’imminente ricovero.

Ma come? Avevo fatto tutti i controlli preventivi e ora ?La prevenzione? Cosa è la prevenzione?.

Un abisso si era aperto dentro e fuori di me. Non so come uscii dallo studio del medico! Io stavo bene.

Stavo bene. Come era possibile? Ero morta mentre camminavo, muta, muta oh mio Dio, muta.

Non avevo voce eppure parlai con mio marito e con mia madre, avvisai le amiche più intime.

Essere ricoverata e operata tutt’uno.

Mi svegliai dolorante, non come la prima volta.

Mi toccai ,ero piena di tubicini, i capelli ce li avevo tutti e ancora non so perché. mi vennero in mente i capelli, i miei capelli. Ero distrutta! Ero incinta e avevano dovuto procurarmi un aborto terapeutico.

Avevo tentato anni per avere un altro figlio e ora morto come un pezzo abbondante del mio polmone..

Non mi veniva da ridere, però, continuavo a fare battute cretine. e dentro come stavo? .Non mi sentivo più ma ce l’avevo un cuore? E le lacrime che fine avevano fatto? Mi osservavo da fuori, il mio corpo, la mia famiglia e pensai- ce la farò! Supererò anche questo- Non feci i conti con la chemio. MI dissero – è necessario tutelarla, è di prassi, dobbiamo bruciare le eventuali cellule, dobbiamo bonificare-.

Cominciai a farla e vomitai, vomitai tutto quello che c’era da vomitare e anche di più per una settimana intera. Una settimana al mese, un mucchio di stracci maleodorante di vomito.

Cominciai a perdere i capelli, a ciuffi. I miei capelli belli, lunghi e ricci.

Mio fratello portò la macchinetta per rasare la testa, rasò anche la sua, i miei capelli ai miei piedi, ricci, lunghi , scuri da calabrese ai miei piedi, ci abbracciammo e non so per quanto tempo piangemmo.

La malattia ti impedisce tutto, anche di essere madre per quel mio unico figlio che mi vedeva vomitare per un intera settimana al mese e senza capelli.

Passò anche quello e comprai una parrucca e una bandana. Avevo perso anche le ciglia e le sopracciglia, avevo le ragadi e gli occhi con una congiuntivite perenne e chissà cos’altro!.

L’estate dopo andò meglio, mi sentivo forte fisicamente, avevo recuperato, non il rapporto con mio marito e pensavo seriamente a una separazione.

Pensavo di aver superato tutto, di nuovo effervescente, operativa, forte, ma qualche tempo dopo, fatti i soliti esami di routine, l’oncologo mi annunciò che avevo diverse macchie al fegato..

In quel momento volevo morire ma avevo un figlio, un figlio!.

Decisi di essere forte, forse avevo qualche altra alternativa?:Ormai la mia vita non si chiamava più vita ma ,sopravvivenza alla malattia! Passi le giornate in questa prospettiva,dopo questa sentenza. Decisero di non operarmi ma, di farmi cure alternative che funzionarono poco o nulla anche perché ormai non reggevo più la chemio, se non mi ammazzava il cancro l’avrebbe fatto la chemio.

Cominciarono a farmi il cortisone, divenni affamata, grassa, gonfia, i capelli radi e sottili.

Cominciavo a perdere ogni identità di donna, eppure volevo essere amata ,almeno abbracciata, consolata,

fare all’amore. Mio marito neanche mi toccava e la separazione che avevamo pensato ormai non se ne parlava più.

La mia vita era la mia malattia ma, anche di chi mi stava intorno. Pregavo tanto, tanto, andavo da sacerdoti, cercavamo nuove cure in tutta italia, all’estero ma, io ero sempre meno donna e più asessuata. Il dolore ti invade e ti pervade ma io sempre con le mie battute e la mia allegria sconsiderata e ironica.

Un giorno, d’estate, non mi sentii più le gambe, caddi per terra, sulla sabbia. Non mi feci male ma, capii che c’era qualcosa che non andava.

Tornammo a Roma ed ebbi l’ultima diagnosi, tumore al cervello inoperabile.

Ricominciarono con la chemio, il mio fisico non la sopportava più, gli occhi mi lacrimavano, vomitavo e mio figlio scappava lontano da me. Sarei scappata pure io se avessi potuto. Non riuscivo a comunicare neppure con mio figlio, giocare o fare i compiti con lui. Gli avrei voluto dire- parliamo ,vieni, poi non potrò più!-

Le dosi di cortisone aumentarono per ridurre la massa e io andai a trovare mia cugina, anche lei amavo tanto e mi stava vicina..

Quel giorno faceva l’albero di natale e io volli aiutarla ad annodare i nastri, non riuscivo ad annodarli, afare un semplice fiocco ma lei mi disse -sono bellissimi, li mettiamo sull’albero!-

MI portarono a ballare, amavo tanto farlo! Camminavo male, ero grassa, gonfia, avevo pochi capelli ma, volevo vivere e continuavo a fare le mie battute in dialetto calabrese..

Volevo essere abbracciata, un abbraccio d’amore, non lo avevo avuto più. Mio marito mi faceva da infermiere e io non so per quanto ancora riuscirò a scrivere , una lettera a mio figlio.

La leggerà quando sarà più grande e capirà quanto io l’abbia amato , da morire.Il mio unico, solo figlio.

Lo so che questo è il mio ultimo natale e questo è il mio ultimo giorno dell’anno, ho bisognodi essere imboccata, lavata, cambiata, alcune volte, non mi ricordo dove sono.

Il mio volto? Il mio volto è di una donna che è stata donna e ora è il volto di chi sta morendo di cancro e forse sarà un sollievo. La malattia ti annulla, diventi senza volto, diventi senza corpo, un ammasso dolorante e informe.

Ogni ora, ogni minuto non è vita ma, malattia, non è solo il dolore del corpo ma, il dolore dentro che è forte, strisciante, un dolore impenetrabile solo al dolore. Non puoi guardare nessuno, chiudi gli occhi, lo specchio di fronte al letto riflette un immagine in cui non ti riconosci, non ti ricordi ma, dentro sei ancora tu e nessuna malattia te lo può togliere.

Sono io, calabrese, dalla pelle sempre abbronzata, dai capelli lunghi, scuri, ricci e sto per morire.

Sono sola Dio,

sola davanti a te,

davanti agli uomini.

Sono sola e sono madre.

Mi piaceva anche essere donna!

Con la luce negli occhi e nei capelli.

Ora sono terra, sono fiore, cosa sono?

Forse ho vissuto invano

O forse ho solo vissuto ma,

volevo essere ancora madre,

volevo essere ancora donna.

Volevo essere solo essere.

Sicuramente col mio essere imperfetta.

Ho accettato non perché lo volessi,

perché è accaduto.

Non siamo dominatori della vita

Ma, solo dell’amore anche quello negato

per un solo abbraccio.

Lascio la vita ,

non perché lo voglio

ma, faccio ciò che è ineluttabile.

Non sono una dea,

sono una donna senza capelli,

sono una donna senza gambe,

senza braccia.

Sono senza volto

Ma, ho il volto di ogni donna che sta per morire

E vorrebbe vivere. Iris G. DM.

Dedicata a una mia, cara amica, sorella, mai ti dimenticherò, mai

Articolo di Marina Donnarumma Iris G. DM

Art. di Marina Donnarumma 19 ottobre 2022