IL GIORNO DOPO

L’autunno ha mari teneri, ha colori
che calme navi tagliano, cadranno
foglie e cieli sospesi per un filo.
Andare sino all’albero, sedersi,
entrare in confidenza con l’inizio
di radiche più avide e vive verso il basso.
Abbiamo accanto povere fredde cose,
bucce, bottiglie, frammenti di memoria,
più in là c’è il mare.
“L’ultima domenica”, e ci trovi
ancora ansanti, il cuore
un poco stanco per la festa,
branco che più non fugge, prede
colorite dal ferro irto nel mondo
dal vino, dai fuochi solitari.
Ci vinse
questa striscia di fumo sulla terra,
fu sempre obliqua l’ombra
che ci seguì in silenzio.

BARTOLO CATTAFI

Questa lirica fa parte della raccolta “Le mosche del meriggio”, 1946-1955, Mondadori 1958. Diciannove versi di varia lunghezza; ho contato: 8 endecasillabi, 1 doppio settenario, 2 doppi senari, 4 settenari, 2 novenari, 1 decasillabo, 1 ternario. Il poeta descrive un paesaggio marino autunnale, visivo e visionario: mari teneri, calme navi, foglie e cielo sospesi. Vorrebbe andare fino all’albero, sedersi, guardare le radici; accanto a lui ci sono povere fredde cose, bucce, bottiglie, frammenti di memoria; è l’ultima domenica, ha il cuore stanco per la festa, cerca prede colorate dal ferro acuto del mondo, dal vino, dai fuochi solitari. Il poeta fu vinto da questa striscia di fumo sulla terra, l’ombra che lo seguì in silenzio fu sempre inclinata.