La psicologia dell’amore secondo Vittoria Sanese

Ci sono su Kindle Shop soltanto due libri di Vittoria Sanese, la psicologa recentemente scomparsa. Li ho comprati entrambi, non senza un po’ di pregiudizio, perché, diciamolo, la produzione scientifica italiana è bassina. Molto spesso si tratta di libri commissionati da un/a qualche insegnante universitario/a ad uno dei suoi dottorandi, il quale rimescola un po’ la sua propria tesi di laurea e la presenta aggratis al suo/a professore/essa, in cambio di un buon voto. Il professore lo rileggiucchia, ci mette qualche nota di suo e lo manda all’editore a suo nome. L’editore lo pubblica non perché il libro sia di livello, ma perché sa che un certo numero di copie viene venduto per forza agli studenti dell’autore, i quali, appunto, per forza, devono comprarlo, perché se si presentano agli esami con le fotocopie, sanno che il voto tende ad abbassarsi. Così funzionava ai miei tempi, così con ogni probabilità funziona anche oggi. Visto che viene scritto da dottorandi che, più che sapere, fanno finta di sapere, il libro scientifico italiano ha in genere un linguaggio inutilmente aulico. Su dieci parole scritte, se ne elimini otto, va benissimo lo stesso. Il linguaggio aulico sta lì proprio per coprire il Nulla. È come se l’autore ti dicesse, guarda che razza di scienziato sono io, lo si vede dal mio linguaggio aulico! Invece dal tuo linguaggio aulico si vede solo che sei un cretino!    

Invece Vittoria Sanese è di tutt’altra pasta e io nel mio pregiudizio mi sono sbagliato di grosso. “Perché ti amo”  parla della coppia e il linguaggio di Vittoria non è affatto come detto sopra. Lei ha visibilmente filtrato via negli anni molte delle apparenze inutili della vita, e il suo linguaggio è fresco e leggero come aria fresca e leggera.

Comincia con il mito (avrei cominciato anch’io così); cioè col racconto biblico del serpente e della mela. Lei, Eva, è inquieta e avida di conoscenza. Lui, Adamo, è tranquillo, dormiente ed appagato. Me lo vedo quasi con una birra, sul  divano, mentre sonnecchia davanti al telegiornale. È forse un male desiderare tutto? Si chiede Eva, mentre lui dorme. Perché allora ci sarebbe il cielo infinito?

Bella domanda! Allora lui si sveglia e si alza. L’impossibile? dice. Mi piace solo se io lo riduco al possibile.

Sembra una stantìa polemica femminista, ma non lo è. È piuttosto lo scontro/ incontro tra corpo e cuore, tra ragione e sentimento. “Un dramma bello”, dirà Vittoria, perché chi pensa che Maschile e Femminile siano la stessa cosa, come sembrerebbe oggi dal woke, prende un abbaglio formidabile. Alla fine lui mangia la mela per amore di lei, perché il corpo senza il cuore non è niente, così come non è niente il cuore senza il corpo. Lui mangia la mela che lei gli offre perché non può lasciarla sola. Bellissima riflessione!

“Un uomo e una donna camminano insieme sul sentiero dell’Essere”, dice Vittoria. Semplice ed efficace. È proprio questa l’essenza del riconoscersi l’un l’altra. Camminare insieme nella differenza. Che poi lì ci sia anche tutta la difficoltà, è un’altra cosa. “Voglio un amore per me per sempre ed ho incontrato te che me lo hai promesso”.

Il libro di Vittoria avrei voluto scriverlo io. Certo, forse sarebbe stato più beffardo e meno gentile, forse più corpo e meno cuore, ma il concetto che soltanto riconoscendo la reciproca differenza, il Maschile e il Femminile possono camminare insieme, lo condivido pienamente. “Quando lui parla, quando lei parla, emerge potente la loro differenza, sembra quasi una estraneità: sono ancora stranieri l’uno all’altro; di due mondi stranieri: lingua, usi, costumi, cibo, riferimenti, idee, giudizi, aspettative, tutto, tutto è segnato a fuoco da una diversità mai colmata”, dice Vittoria.

Un rapporto si rompe proprio quando la diversità diventa insopportabile e si vuole ridurre l’altro a sé. Ma senza diversità non c’è avventura, non c’è emozione, non c’è fascino, non c’è conoscenza e, alla fine, non c’è passione. Per questo, come ho già detto altrove, non credo alla solidità alla lunga di una coppia omosessuale. Perché, paradossalmente, proprio in coloro che si definiscono “diversi”, manca la diversità e per averla la devono scimmiottare.

Dice ancora Vittoria: “La differenza come principio di identità tra l’uomo e la donna, tra la donna e l’uomo, diventa principio di conoscenza di sé”. Non ci si potrebbe esprimere meglio. E ancora: “La differenza tra l’uomo e la donna è il fondamento del legame.” E ancora: “Quando io dico coppia intendo un rapporto estremamente drammatico, ma nel senso bello”. 

Eccolo, il dramma nel senso bello. Lo si potrebbe intendere, per dirla con Cesare Pavese, come “questo maltrattarci insaziabile, perché siamo una bellissima coppia discorde”. Ma il fatto è che soltanto in questo dramma bello impari che, nella matematica degli amanti, uno più uno è uguale a infinito, mentre due meno uno è uguale a niente. Se sai questo, il dramma bello è la tua vita e hai rintracciato il tuo lui, o la tua lei, che ti accompagnerà fino alla fine. Se non lo sai, la tua esistenza è un bussare inutile di porta in porta alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che non troverai mai. Ancora: quando vedi un lui e una lei che, insieme, mano nella mano, rincorrono l’autobus, ma senza lasciarsi mai, capisci anche cos’è la felicità degli amanti nel dramma bello. Sarebbe stato più semplice se ciascuno avesse rincorso l’autobus da solo. Uno dei due, almeno, lo avrebbe preso. Ma loro hanno preferito perderlo insieme.

Mauro Montanari, Ph. D.