OMBRE LIEVI, di Lia Tommi

Nessun abbraccio
le nostre ossa
non riuscivano più
a circondare o accogliere
un altro corpo.

Nessun sorriso
una tristezza profonda
ci dilaniava l’animo stanco
senza speranza.

Nessuna parola
non c’era nulla da raccontare
la memoria del passato era perduta
il presente vuoto di senso e di valore
il futuro difficile da immaginare.

Nessun nome
ora eravamo solo un numero.

Nessun uomo
e nessuna donna
solo ombre lievi
vagavano per il campo
senza identità di persona
sopravvivendo
fino a nuovo ordine.



RECENSIONE DELLA PROF.SSA ELSA SEMINO,  DOPO AVER VISITATO  IL LAGER DI MATHAUSEN

La martellante anafora “nessun/nessuna” rende con drammatica forza la spersonalizzazione che si voleva ottenere nel campo dove l’essere umano veniva ridotto ad un numero, ad un “pezzo” da sfruttare o ad una “bocca inutile” da eliminare. Camminando oggi nel silenzio di Mauthausen di Gusen di Hartheim si avvertono i sospiri di quelle “ombre lievi” che ci chiedono di non dimenticare, di ridare un nome e un volto, una identità a quei numeri, di continuare a sperare in un futuro anche se difficile perché quegli uomini, quelle donne, quei bambini non siano uccisi di nuovo dalla nostra indifferenza.