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Questione d’agilità, come muoversi abilmente fra cristalli pur sentendosi addosso il peso di un pachiderma. La vita è un po’ così, infondo.
Un gioco da condurre con destrezza. Declinando amore in ogni forma.
Vince chi riesce ad essere complice e – credete – non conta affatto l’anagrafe.

Puoi sentirti alleato perché enne ed uno mila ragioni spingono le sensibilità di ognuno ad avvicinarsi per camminare sotto la pioggia insieme, porgendosi l’ombrello, prima, e la mano per andare a guardare l’arcobaleno, poi.

Ed è questione d’agilità continuare a declinare affetto in ognuna delle sue forme, pur cercando di non ferire mai anche essendo stato ferito – tuo malgrado – perché non serve rinchiudersi a morire d’asfissia nel proprio sé: sarebbe uno spazio troppo limitato e finiresti cadendo abbattuto su di una frontiera indegna.

Diverse persone, storie identiche ma anche opposte, con o senza figli: nessuno è a conoscenza dell’esistenza dell’altro prima di averlo conosciuto.

Chi vi ha feriti in precedenza appartiene al niente, la dimensione di chi non esiste.
Ci si deve solo voler trovare, incontrare e – questione d’agilità – si intraprende il cammino della solidarietà e dell’onestà intellettuale.

Io sono molto orgogliosa degli amici conquistati: questo è l’importante.
La gioia che provo è dettata da una lucida consapevolezza e sono certa di non aver mosso alcun passo avventato.

Uniti si è più forti così come – chi è rispettoso dell’altro – non lo induce né a scelte obbligate, né a compromessi. Da chi pone condizioni bisogna allontanarsi: nessuna persona rispettosa può pretendere patti con voi stessi per aggradare gli altri.

Vale per ognuno di noi.

Chi non ha parole vi criticherà, fregatevene.
Chi non ha affetti si sentirà infastidito, lasciate stare, cadrà ancora nel suo errore.
Chi vuole esserci troverà il modo: aspettate d’imbattervi in costoro, vi semplificherete l’esistenza e –  ultimo ma non ultimo – avrete evitato il vampirismo emotivo caratteristico delle varie personalità pericolose e pericolanti. Quelle che, prima o poi, crolleranno. Avanti a chi le saprà abbindolare, voi non ne siete all’altezza. Fortunatamente.
La vostra levatura è differente. Siatene grati all’universo mondo.

Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna […]

Giuseppe Ungaretti – “I fiumi” – Incipit

@lementelettriche – di Paola Cingolani