A ME NON CAPITA

A ME NON CAPITA, Vittoriano Borrelli

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Donne al volante, pericolo costante. Non c’è proverbio più vero di questo. Prima le vedevi rimirarsi allo specchietto retrovisore per controllare quanto fossero belle e attraenti, ora te le ritrovi con il cellulare incollato all’orecchio con l’aria sempre indaffarata. Certo, accade anche a noi maschietti, ma loro sono maestre a fare cento cose nello stesso tempo che non si rendono conto che ogni minima distrazione può essere fatale.

Qualche giorno fa, imboccando via dei Platani, mi sono imbattuto in una smart con una bionda alla guida che chattava al telefonino mentre si dava contemporaneamente una controllatina al rossetto. È stato per poco che non mi tagliasse la strada e mi facesse impattare contro una fila di macchine posteggiate. “Cretina!”, le ho gridato dal finestrino, “Guarda la strada invece di specchiarti come una reginetta e stare attaccata a quel coso.”

Sapete come mi ha risposto? Ha continuato imperterrita a parlare con quell’aggeggio mentre dallo specchietto mi ha fatto il gesto delle corna.

Inaudito!

E che dire degli automobilisti della domenica? Io che faccio il rappresentante e la strada è la mia casa, li riconosco come le mie tasche. Tutti perfettini, pensano che la carreggiata sia una passerella per dare sfoggio alle loro auto lucide e brillanti dopo averle tenute una settimana in garage per andare al lavoro in bus o in treno. Con il naso quasi schiacciato sul volante, si guardano a destra e a sinistra come se temessero sbucare da qualche parte chissà quale minaccia. Sono lenti come lumache e si muovono in blocco formando lunghe code ai semafori.

Ad un tizio che non sapeva se girare a destra o a sinistra e metteva la freccia ora nell’uno, ora nell’altro verso, gli ho gridato con il mio accento romanesco: “Ahoo! Stamattina c’hai le vertigini? Perché non sei rimasto a casa a nanna?”

Sapete come mi ha risposto? Mi ha fatto il gesto del dito verso l’alto. Stavo per cantargliene quattro ma c’era la partita della Roma e non volevo arrivare tardi allo stadio.

Inaudito!

A me non capita. Sono cose dell’altro mondo e non le capisco. Riesco a districarmi bene in questa giungla d’asfalto popolata da pivelli e da principianti. Sono attento a tutto, ho occhi dappertutto, ne avrò un paio persino dietro la testa per guardare quello che succede alle mie spalle, così che mi sento sicuro di schivare qualsiasi pericolo, reale o potenziale.

A me non capita perché sono quello che si dice di una persona assennata e scrupolosa che si trova a suo agio sia nel traffico di Roma che, mettiamo, in quello di Tokyo, tanto sono bravo a scansarmi da ogni genere di insidia e ad arrivare dappertutto senza intoppi.

A me non capita perché viaggio sereno e qualche volta riesco persino a fischiettare tanto sono  tranquillo di me. Non temo nessuno, nemmeno la volante della polizia che adesso m’invita ad accostarmi per i controlli di rito.

“Patente e libretto, prego.” È un omaccione col pancione che mi ricorda il sergente Garcia, acerrimo nemico di Zorro della popolare serie televisiva. Mi trattengo dal ridere ma obbedisco come il più ligio degli automobilisti. Con il suo collega mingherlino comincia a ispezionare la mia macchina a partire dalle ruote che ho sostituito proprio l’altro giorno e perciò sono nuove di zecca.

Batto le dita sul volante e aspetto che i controlli vadano, come sono sicuro, a buon fine. Intanto, per far passare il tempo, canticchio “Guido piano”, la canzone di Fabio Concato:

“Viene voglia di cantare

Questa sera

te lo voglio raccontare

Son sereno

come se fosse Natale…”

Vengo interrotto da “Garcia” che ritorna da me e con una mano appoggiata al finestrino mi mostra un sorriso che scambio come un segno di approvazione. “Visto, agente? Ho cura della mia macchina come se fosse una bella donna. Tutto a posto, vero?”

Sapete cosa mi ha risposto? “Tutto a posto un corno. Ha la patente scaduta da tre mesi, non se n’è accorto?”

Sono diventato più bianco della neve del Monte Rosa. Ho cominciato a balbettare qualcosa, gli ho detto che forse si stava sbagliando e cose del genere.

“Nessun errore. Una bella multa non gliela toglie nessuno.” Poi, con la mia patente in mano, ha sentenziato: “Questa intanto la tengo io. Parcheggi qui che le faccio il verbale. Per tornare a casa prenda l’autobus, la fermata è proprio lì di fronte.”

Sono rimasto di sasso e ho solo esclamato:

“Inaudito!”

A ME NON CAPITA

Racconto breve

di

Vittoriano Borrelli

(Ogni riferimento alla realtà è puramente casuale)