Fu un lampo nero,
nell’ azzurro dell’età incosciente.
Tutti gli altri colori spenti.
Sul soffitto ondeggiavano le ombre dei giorni a venire, incerti
la zingara alla parete ascoltava con me le auto passare
diceva che il lampo era azzurro
scintille elettriche di un tram che non c’è più
diceva che il nero era la notte
diceva che sarebbe tornata a prendermi
a ogni lampo di luce azzurra.

Aveva sempre rose tra le mani, le stesse
diceva che il lampo era azzurro elettrico
e l’abito rosso
e il nero la notte
ma il buio era la luce nella quale splendeva.

Ondeggiava alla parete
col mutar del lampo, come una gitana danza
diceva che sarebbe tornata a prendermi
ma non può più.

Così vago, tra gli alberi che ondeggiano
e le nuvole che viaggiano,
i laghi che non stanno mai fermi
per vederla ondeggiare sulla superficie
per dirle di accompagnarmi ancora ai sogni
perchè si è fatta d’ aria, dissolta nella stessa aria
ma con visibili e splendide le mani
che oltrepassano le porte dell’ invisibile.

E anche perchè non glie l’ ho mai detto.

Ombre d’azzurro elettrico


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