La democrazia come specchio pubblico 2

“Per quanto possa sembrare a prima vista paradossale, si può definire, in certe condizioni, come violenza anche un contegno assunto nell’esercizio di un diritto. È precisamente questo contegno, ove sia attivo, potrà dirsi violenza quando esercita un diritto che gli compete per rovesciare l’ordinamento giuridico in virtù del quale esso viene conferito ” (W. Benjamin, Per la critica della violenza).

Sebbene la democrazia sia quel sistema di governo in cui anche gli imbecilli hanno diritto di parola, si ha ragione di misurare lo stato di salute di una democrazia dal fatto che la loro opinione non faccia stabilmente maggioranza. Contro questo rischio nessuna democrazia si può attrezzare preventivamente poiché la cosa accadrebbe “nell’ esercizio di un diritto”. Tuttavia è prevedibile che ne andrebbe di mezzo presto o tardi della sopravvivenza della democrazia (ossia dell’unico sistema di governo che riconosce tale diritto). Una simile fragilità, una simile possibile forma di violenza, è in democrazia un rischio costitutivo e -“per quanto possa sembrare a prima vista paradossale “, come direbbe Benjamin- anche da questo si misura il suo stato di salute.

Non c’è da trarne scandalo.  

A ben vedere, siamo dinnanzi a un paradosso analogo a quello della condizione umana. Non è forse vero che l’essere mortali -cioè essere  sapersi esposti senza scampo, in ogni momento, alla possibilità di cessare di esistere- è il drammatico privilegio che ci distingue da ogni altra creatura della terra? Non è forse la consapevolezza di questa fragilità che ci fa propriamente umani? E non è vero ancora che solo agli uomini si addice l’appellativo di mortali? 

Si potrebbe allora finire in braccio al felice paradosso (qui lo dico e qui lo nego) di dover concludere che, proprio per la sua fragilità, la democrazia è la forma di governo che maggiormente si addice all’uomo. Come se la democrazia fosse lo specchio pubblico del nostro essere umani