AMSTERDAM, di Vincenzo Pollinzi

Sulle banchine di Amsterdam

un marinaio urla a squarciagola

la canzone del sogno che lo invita ogni notte

a viaggiare per mari aperti e intanto lo rimprovera

per tutte le bugie bruciate sulle rive.

Sui moli nascono marinai sudati come 

se gettassero le ancore a Cap Horn. 

Sulle banchine di Amsterdam

i marinai mangiano, su tavoli di legno 

duro coperti da bianche tovaglie,

pesce grasso fritto nell’olio e

mostrano dente per dente e sulle labbra

un piacere gocciolante rivoli di sapore.

E la luna, come un seno lucente,

brilla sul ponte a prua e sembra

odorare anch`essa di merluzzo

coperto da patatine fritte.

Poi si alzano ridendo sguaiati e

come un’onda che straripa dalla riva

chiudono la patta sbracata dei pantaloni

e si ritrovano insieme a ruttare sotto le stelle.

Sulle banchine di Amsterdam si

ritrovano tanti marinai ballerini che

si strofinano pancia contro pancia

al gemito lamentoso,quasi piangente,

di una malinconica fisarmonica.

Fino a quando all’improvviso 

allo scroscio di una forte scoreggia

la fisarmonica tace quando,con la faccia seria e

l`orgoglio nello sguardo, mostrano

alla luce del giorno la loro parte migliore.

Sulle banchine di Amsterdam

i marinai quando sono ubriachi,

annegano con le loro voglie nei bordelli,

come se affondassero nel Pacifico più profondo.

Brindano e augurano tanta fortuna 

a tutte le puttane di questo mondo e

cantano la bellezza invitante della signora

alla finestra che da via per soldi le sue virtù.

Poi strapieni di Alcool e soddisfatti

escono all`aria aperta per il solito rituale,

sempre lo stesso.Guardano le stelle, 

pisciano sui bordi come se piangessero 

lacrime amare per una donna,

la sola donna che li ha traditi.

VINCENZO POLLINZI @ Agosto 2020

Liberamente tradotto da una canzone di Jaques Brel

Foto dal Web