Draghi ha preso il largo. Ora deve farlo la politica, Carlo Baviera

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Alessandria: Ormai il Governo Draghi è stato varato.  Ora bisogna gestire le urgenze dei prossimi mesi; ma soprattutto, da parte delle forze politiche e sociali, progettare e disegnare i prossimi anni.

Perché abbiamo le novità (il nuovo Ministero della transizione ecologica, quello della transizione digitale, quello delle disabilità, alcuni tecnici di notevoli capacità, l’autorevolezza rispetto a mercati ed Europa, lo spirito di una nuova Ricostruzione che il Presidente ha sintetizzato nell’affermare che ogni partito “fa un passo avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità”) e le scelte (giovani, parità di genere, cambiamento climatico e ambiente, Europa, formazione, scuola, Università, cultura, soprattutto rapidità per i vaccini e ridisegnare la sanità territoriale, protezione di attività economiche e lavoratori, necessità di cedere porzioni di sovranità all’Europa); ma fra due anni?

Vorrei però fare un passo indietro, ai giorni dell’incarico e delle consultazioni per la formazione del Governo. Per sottolineare alcune questioni che mi interessano, a prescindere dalle figure ministeriali e dalle forze che sostengono Draghi. Perché legate all’idea di vita democratica che a me sembra corretta. Poi ovviamente torno silenzioso, mi rimetto in riga, e vivo serenamente.

C’è stato subito, da parte degli organi di stampa e dell’opinione pubblica, un buon consenso. Anche perché siamo ormai in attesa dei “migliori” e di chi sa e può tirarci fuori dai pasticci, per la sua autorevolezza e competenza. Commentava il Prof. Rosina dell’Università Cattolica che “Serve un governo in grado di ritrovare compattezza attraverso proposte che all’interno e all’esterno diventino convincenti, mirando dritto a ciò che serve al Paese, che è coerente con ciò che l’Europa ci chiede”.  

Un amico scriveva su facebook, fra altre considerazioni, che “La scelta di Draghi era già nell’aria da giorni. Il Presidente Mattarella, forse esausto e indispettito, ha parlato ai partiti e ai gruppi parlamentari con una franchezza apparsa aspra nel tono, ferma e autorevole persino nello sguardo posato sulla telecamera. Ha riproposto la figura di un politico ( e di una politica) matura, disciplinata e competente, poggiata su una lunga esperienza . Il mandato istituzionale a Draghi è anche, seppur indirettamente, un mandato politico perché da questa crisi si esce con la Politica. Ora ci attendiamo scelte responsabili dalle forze politiche in Parlamento che decideranno di sostenerlo. Una raccomandazione al prof Draghi mi sento di farla : non si faccia “frullare” dai palazzi romani, in questo sono davvero esperti e imbattibili”.

Ecco appunto; si esce con la politica. E a me pare che la politica non debba essere solo o soprattutto quella che indicano i mercati, lo Spread, il PIL, le élites, l’establishment, né gli interessi elettorali spiccioli. Come già sottolineato da chi è più competente ed autorevole di me, oltre allo sveltimento del piano vaccini e al rafforzamento della politica sanitaria, al Programma per un’efficace e lungimirante utilizzo dei Recovery Fund, alla riforma burocratica e della Giustizia, penso sia dirimente affrontare con coraggio il cambio di paradigma nei modelli economici e finanziari, e per un welfare comunitario. Altrimenti le politiche del lavoro e dell’occupazione, quelle per lo sviluppo della cultura dell’istruzione del turismo, le infrastrutture moderne (compatibili con la visione ecologica integrale come richiamata dall’Enciclica Laudato sì), i sostegni alle famiglie e alla natalità, continueranno ad essere viste e sviluppate rispondendo alle logiche solite.

La politica dunque. Draghi è una scelta (almeno parzialmente) tecnica a cui è dovuto ricorrere il Capo dello Stato, perchè ormai la politica si è eclissata; esiste un po’ di pseudo strategia da parte “dell’inaffidabile” che sembra apparentemente uno dei grandi vincitori di questa partita. Ma la politica deve rientrare subito, anche se interpretando l’esigenza di cambiamento impresso dalla nuova esperienza. Come è stato detto, presumibilmente entriamo nella terza (o quarta?) Repubblica. Inoltre sembra anche, come viene sottolineato, che “La scelta di Draghi deborda ampiamente dai limiti angusti e provinciali della politica nostrana. Essa risponde piuttosto a una logica su scala europea e internazionale, nella quale l’Italia in questa fase è un Paese chiave da cui passa la ricerca di nuovi e più stabili equilibri geopolitici e il futuro dell’Unione Europea”. Né dobbiamo dimenticare che per il 2021 l’Italia presiede il G20.

Per questo mi ha colpito il coraggio dell’economista Luigino Bruni che ha postato un commento da lui definito “politicamente scorretto”: “ Certo che l’Italia è il paese più bizzarro del mondo, certamente d’Europa. Il mondo cattolico, sulla scia del Magistero, continua a lamentarsi di un capitalismo in mano alla finanza, alcuni giornali di ispirazione cattolica hanno costruito parte della loro identità criticando il capitalismo finanziario e la dittatura della grande finanza. Poi oggi, questo stesso mondo cattolico e quei giornali esultano per l’arrivo di Mario Draghi, di cui si vanno a rintracciare le radici cattoliche, come se non fossero cattolici (almeno quanto Draghi) Prodi, Berlusconi, Monti, Conte, persino Renzi. Come se Draghi fosse lì per la sua dottrina religiosa e non per quella finanziaria. Si gioisce per un paese che ha di nuovo ceduto alla tentazione, antica come l’impero romano e come il fascismo, dell’uomo della provvidenza, che finalmente, lui sì, risolverà i nostri problemi; lui sì, lui ci salverà. Non Conte, che non lo conosceva nessuno all’estero, estraneo alla grande finanza e ai poteri forti, che non viene dalla grande finanza, che umilmente e da artigiano è andato a negoziare in Europa, con la forza del buon senso e del lavoro, che ha guidato, al meglio, questa crisi enorme e inedita. Conte no, troppo anti-divo e anti-uomo forte, troppo simile a noi normali per essere l’uomo della provvidenza necessario, per essere quel ‘papa’ di cui noi cattolici abbiamo sempre troppo bisogno. E invece io, ingenuamente, continuo a pensare che il paese oggi è stato commissariato dai tecnici, come se in politica i tecnici esistessero veramente, come se la tecnica non fosse il secondo nome dei poteri economici e finanziari, che non si fidano di noi normali e mandano i loro uomini più grandi e tecnici di noi, e utilizzano i terroristi della politica per preparare il sabotaggio. E intanto il mondo cattolico è felice, perché la finanza è cattiva solo nelle encicliche, non quando ci governa dentro casa”.

Un giudizio “politicamente scorretto”, che credo più rivolto al mondo cattolico affinché si smuova rispetto a sollecitazioni e a indicazioni che hanno da tempo elaborato quella che è definita “economia civile” (compresa l’economia di comunione di cui Bruni è l’interprete principale), più che critico verso Draghi che sicuramente egli apprezzerà più di altri.

Quali frutti porterà questa esperienza e quali saranno i progetti politici che si proporranno fra uno o due anni non interessa a nessuno; si apre una nuova fase che prima o poi porterà a modifiche degli assetti nei partiti e nelle coalizioni di “ieri”. Inizia una nuova partita, e ognuno deve riposizionarsi e riconnettersi alla realtà che si è aperta con questa esperienza governativa (apparentemente di transizione) attraverso nuovi linguaggi, obiettivi, progetti. Vi sono divisioni nella coalizione di destra, e confusione/stordimento in quella di sinistra. Se esiste un ruolo per una politica “baricentrica” “centrale” (che sappia mettere al centro l’interesse generale, il bene comune, la mitezza, la competenza, il dialogo, la collaborazione tra vari livelli istituzionali, economici, culturali, territoriali) è questo il momento per emergere e avanzare proposte  e indicare prospettive di sviluppo integrale. Altrimenti tutto continuerà (temo) a basarsi su politiche finanziarie in linea con le tendenze solite. Sui profondi cambiamenti di parametri, indicati dall’insegnamento sociale della Chiesa, speriamo che Draghi riesca a dare qualche segnale incisivo senza subire la pressione di Borse, Spread, PIL ecc. e svoltare decisamente sul BES (benessere equo e solidale).

Indico tre questioni, più una quarta che non può essere accantonata troppo a lungo. La prima è data dalla politica estera. Riccardo Saccenti  su Argomenti2000 del 27.1.2021 scriveva: “Servirebbe allora una comprensione “europea” della vicenda del nostro paese e soprattutto dei suoi nodi strutturali. Sia di quelli interni, sia di quelli internazionali. Fra questi ultimi, ad esempio, vi è la sostanziale assenza di una politica estera da parte del nostro paese, soprattutto nell’area mediterranea. Le modalità con cui il paese si è posto rispetto alla situazione libica o i risvolti politici sottesi alla vicenda tragica dell’assassinio di Giulio Regeni in Egitto manifestano un evidente ripiegamento dell’Italia dal Mediterraneo e la definitiva perdita di una funzione di equilibrio in quest’area che il nostro paese ha esercitato per molti decenni”. Inoltre esiste la necessità di non abbandonare l’Africa (l’ISIS è presente ormai in Monzambico, nel Kivu in Congo, in Togo, in Ghana e si sta infiltrando in Costa d’Avorio e Benin); e molta attenzione per i rapporti con la Cina. Infine “Decisivo connettere il rilancio dell’economia al progetto geopolitico” (v. Caracciolo La Stampa 15.2.21) per non essere “ridotti a mero oggetto geopolitico. Terra di nessuno. Cioè di tutti. Landa inerte, sfrangiata. Con il Nord officina (franco) tedesca e il Sud avanguardia del caos africano”

La seconda è data dalle politiche delle autonomie e la partecipazione popolare. Nessuno ne parla. Cose “minori” rispetto alla grandi scelte e strategie per ammodernare e sviluppare il Paese, per renderci pari agli altri grandi Stati. Io continuo a ritenere che uno dei punti di forza sono le nostre mille città, i nostri borghi sparsi sui colli; imprese famigliari, i tanti lavoratori autonomi e una economia di piccole e medie imprese non solo concentrata sulle multinazionali; la cittadinanza attiva attraverso un coinvolgimento costante. Un argomento, come quello della legge elettorale, ritenuto ora inopportuno e non urgente. Speriamo.

La terza questione riguarda i settori della scuola e del turismo (ora scorporato dalla Cultura, ma che non è slegato da questa). Si è detto che (e condivido) più che dibattere su orari, lezioni in presenza o meno (cosa importante!), allungamento dell’anno scolastico, serva mettere al centro una scuola e un’istruzione “diversa”, inclusiva, che si preoccupi anche della crescita umana. Non sono un esperto, ma anch’io comprendo che senza un profondo cambiamento avremo nel migliore dei casi giovani che conoscono molto bene le lingue, l’uso degli strumenti mediatici, e una serie di nozioni in qualche materia. Mentre, ribadito che i primi e principali educatori dei figli sono famiglie e genitori, la scuola deve tener conto sempre più di dover contribuire a formare persone, cittadini, educarli alla responsabilità e vita democratica nel rispetto degli altri e dei valori civili. Se si perde il senso della Repubblica democratica fondata sul lavoro, sulla solidarietà  e sull’antifascismo non ha alcun senso educare: sarebbe un <diseducare>!

Per quanto riguarda il turismo solo uno spunto limitato all’importanza del paesaggio. Turismo oltre a viaggi, vacanze, mari, monti e laghi è anche valorizzare cultura, arte tradizioni dialetti e prodotti locali, cammini (come la Via francigena),  pellegrinaggi religiosi, e paesaggio. Draghi ha affermato che non si deve “scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato”.  Ciò significa, ad esempio per territori come il Monferrato casalese che è interessato da due siti Unesco (il discorso vale per ogni territorio), che se non si potenziano e sviluppano trasporti e supporti pubblicitari tutto è vano. Il Monferrato si è visto sopprimere le tratte ferroviarie essenziali, l’esatto opposto di quanto serve al turismo.

Ciò che andrà affrontato con visione lunga e senza fanatismi è il tema delle migrazioni. E’ una questione che è destinata a durare per non poco tempo; e ne conosciamo i tanti motivi. Dobbiamo però venir fuori dalle ostilità che hanno diviso profondamente il Paese e messo in crisi coscienze e atteggiamenti di civiltà/umanità. Mi limito ad una semplice battuta, sapendo che l’argomento merita argomentazioni più profonde e articolate: e parto (non sembri strano) da quanto ha sostenuto Salvini “Credo sia corretto uniformarsi agli altri Paesi europei, ricordando che chi arriva in Italia arriva in Europa”. Sì, facciamo una politica comune. Non agiamo più come Stati divisi, ma come Unione Europea. Con le spiagge e i porti del Mediterraneo che sono confini d’Europa. Poi bisognerà confezionare risposte che tengano conto dell’accoglienza di quanti sono esuli e di quanti hanno desiderio di migliorare la propria esistenza; cittadinanza e diritti restano l’altro passo da compiere in tutta l’Europa! Almeno si abbandonerebbe l’attuale politica dell’ognuno se la veda da solo e delle frontiere chiuse tra stessi Paesi dell’Europa. Un’Europa che difende le sue radici (anche cristiane) deve saper includere e integrare.