È uscito dal palazzo non ancora del tutto ripresosi dalla botta ricevuta al volto, ma Parker ha la pelle dura per pensare di lasciarsi andare a facili piagnucolii; più che un affronto personale, teme per l’incolumità di Elsa il cui destino è in serio pericolo. Il detective le ha promesso che l’avrebbe tirata fuori da questa drammatica situazione e, di solito, mantiene sempre la parola data. S’incammina per alcuni isolati guardandosi intorno nel tentativo di trovare la coppia, poi raggiunge la sua berlina e prosegue la ricerca perlustrando la zona in un perimetro più ampio. Non è che si aspettasse chissà quali magie, ma è giusto che non lasci nulla di intentato. Il suo dovere l’ha fatto, ora è bene seguire altre piste. Il problema è che non sa da dove iniziare. Anzi no, ci sarebbe la possibilità di chiedere informazioni ai condomini del palazzo dove abitavano Elsa e il suo aguzzino.

– È della polizia? – chiede l’anziana donna sull’uscio di casa.

– No, sono un amico di Elsa – risponde Parker.

– Cosa vuole sapere? –

– Quante più cose possibili; la devo ritrovare prima che sia troppo tardi. Spero che lei capisca. –

– Entri, non mi va che si parli fuori. –

Parker entra nell’appartamento chiudendo alle sue spalle la porta.

– Si segga pure, io debbo farlo per forza per via delle ginocchia. –

– Grazie – dice il detective sedendosi sulla poltrona del soggiorno.

– Ho sentito cosa è successo poco fa e ho visto tutto dallo spioncino della porta – afferma la donna sedutasi sull’altra poltrona. – Si chiederà perché non ho chiamato la polizia. –

– Posso immaginarlo. –

– L’ho fatto una volta credendo di porre fine alle violenze che subiva sistematicamente quel povero angelo. –

– Ha fatto la cosa giusta – osserva il detective.

– Mi ha minacciato, dicendomi che se ci provavo … –

– La capisco perfettamente, non deve sentirsi in colpa, chiunque al suo posto avrebbe avuto paura. –

– Lei non ne ha a quanto sembra. –

– Qualcuno deve pur rimanere sul campo di battaglia – risponde Parker con un’espressione rassicurante.

– Spero che lo fermi e che gli venga data una lezione da ricordare per tutta la vita. –

– Ci può contare. –

– Elsa è nelle mani del diavolo, e non solo lei … –

– Cosa vuole dire? – chiede Parker, scrutando lo sguardo preoccupato della donna.

***

L’uomo con indosso un camice da lavoro di colore azzurro davanti al cofano anteriore alzato di una Chevrolet station wagon, ascolta con attenzione il rombo del motore, quando gli si avvicina Parker.

– Vorrei parlare con il capo officina. –

– È lì impegnato con una nostra cliente. –

– Grazie. –

Il detective attraversa il piccolo capannone dirigendosi nella coppia indicata e attende che la donna si allontani. Quando giunge il suo momento si presenta al capo officina, un uomo sulla cinquantina, alto e magro.

– Salve, sono John Parker. –

– Salve, immagino che sia il proprietario della Toyota che si è messa a fare i capricci all’imbocco della statale. –

– No, sono un amico di Elsa. –

L’uomo si fa scuro in volto.

– Cosa c’è? –

– La situazione si è complicata. –

Bastano poche parole per mettere in allarme l’uomo.

– Vado a cambiarmi, mi attenda fuori. –

Dopo pochi minuti Parker vede sopraggiungere una Nissan coupé color verde bottiglia.

– Ha la macchina? – chiede il capo officina all’interno della vettura.

– Sì. –

– Mi segua. –