Un cero nel deserto
Un momento di cupa tristezza m’assale.
Non oso guardare all’insù.
Scoprirei un volto incorporeo, intemporale
sempre impresso nella mia mente.
Il tuo ricordo frizza sul mio animo
mano ruvida che scorre su una ferita,
le mie ali sono sterpi che si avvinghiano al suolo,
piombo dentro di me.
Il nostro amore è ora un filamento dello spirito,
un frammento nel cuore della vita.
Vorrei almeno sognare di te,
e, in un mondo che non conosca la parola fine,
riprendere a crescerti accanto.
Distesi sul letto al tepore di lenzuola intrise di noi
mi hai amato più di quanto nessuno potrà mai amarmi,
la vita
fra bianche nuvole e calda brezza di interrotti sospiri
saliva,
ritornavo bambino
e nell’incanto del silenzio,
caduta fuori dal regno del tempo,
la mia anima si cullava.
Siamo alla ricerca l’uno dell’altra,
il canto delle cicale risuona nelle vaste pianure erbose,
agogno rincontrarti,
non so dove cercarti.
Le notti di luglio occultano i fiori delle nigelle,
i campi perdono le loro stelle.
Accendo un cero per un miracolo:
l’effigie del tuo viso traspare all’improvviso dai vetri del cielo
la speranza di trovarti non tramonta.
Socchiudo gli occhi e mi sento serrare il cuore per l’emozione,
ti aspetto da quando mi hai lasciato
la pioggia dev’essere vicina
e se da qualche parte ti nascondi
dimmi che ci sei
e stringimi fra le braccia con la mente,
non ci sarà l’arcobaleno
il sole è spento.
Al destino ineluttabile non si può sfuggire,
l’unica luce per noi è un cero nel deserto.
Mentre affondo i piedi nella sabbia,
piango dietro un sorriso asimmetrico.
Ti raccolgo in milioni di granelli
e, fatalmente, scivoli fra le mie mani.
Mi sembra il morire di un altro giorno su di noi.
Leonardo Migliore