Alessandria, pubblicato da Pier Carlo Lava 

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L’opzione per i poveri

L’opzione per i poveri è il cuore del cristianesimo: non è una finalità, un qualcosa da dare o da raggiungere. Opzione per i poveri è un mondo da abbracciare, con il quale unirsi, da sposare senza riserve. Immergersi in una realtà che non è mai piacevole, abbracciare e scegliere i poveri, di ogni religione e tipologia sociale, di ogni latitudine e dimensione spirituale.

Le scelte per chi fa politica non sono mai romantiche o francescane. Questa semmai è una scelta personale, necessaria a ogni uomo che non voglia vivere da perfetto egoista. La compassione e financo l’amore per i più poveri riguarda tutti, anche gli stessi poveri. Infatti un povero troverà sempre qualcuno più  povero e bisognoso di lui. Scegliere i poveri in politica e nell’amministrazione delle nostre città è una cosa molto concreta e misurabile, è una questione di soldi.

Abbiamo cercato di avvicinare la politica all’idea dell’amministrare e del fare bilanci come fondamento di ogni sua azione. Fare regole, ma anche destinare i danari. Quindi, scegliere i poveri significa destinare in modo preferenziale le risorse pubbliche verso di loro.

Scelta quantitativa e qualitativa molto complessa. Non abbiamo il tempo e lo spazio per riprendere i fondamentali dello Stato sociale, ma è a quelli che dovremmo fare riferimento. Molto semplicemente bisogna stabilire tasse e imposte (anche locali) in modo sufficiente a garantire chi non ha quel minimo di risorse per curare la salute fisica e mentale, per istruirsi, per abitare, per essere assistito nel disagio della vecchiaia, della dipendenza patologica e della disabilità. Aiutare chi ha perso il lavoro, chi lo vorrebbe trovare e non riesce, chi arriva nel nostro Paese da altre terre e così via, elencando l’infinita serie dei bisogni delle persone. Oggi in Italia è bisognosa  anche una famiglia numerosa con soli due figli, se a lavorare è un solo componente.

Per fare questo bisogna attuare scelte a fronte di risorse limitate e per questo entra in gioco la politica e l’opzione per i poveri. Vanno fatte scelte secondo precise e motivate scale di priorità. Dai più poveri ai meno poveri. Non sono operazioni facili e non si tratta solo di “dare”, ma di “cosa” dare in termini di denaro o servizi: di “quanto” dare a giovani disoccupati o ad anziani con basse pensioni, di “come” dare, ad esempio attraverso la famiglia che assiste un disabile. I casi sono migliaia e le potenziali ingiustizie altrettanto.

In Occidente, il problema è non fare arretrare il sistema di welfare che significa, appunto, prima i poveri e, in alcuni casi, espanderlo verso le nuove povertà (disoccupati cronici, vittime delle dipendenze, ecc). Negli altri “mondi” molte conquiste sono ancora da fare.

Tutti hanno compreso una verità fondamentale: una società con molte persone senza reddito e poche ricchissime è destinata ad impoverirsi sempre più. La distribuzione della ricchezza conviene a tutti, a prescindere dal fatto che sia cosa buona e giusta. Questo consolidato principio keynesiano sembra cominciare a sfuggire in qualche angolo, non più remoto, dei paesi più industrializzati dove molti lavoratori a bassissimo reddito consumano giusto per sopravvivere. Questo rigurgito di egoismo di stampo ottocentesco è semplicemente ridicolo. Sfruttare il lavoratore può forse pagare nell’immediato o fino a quando l’impresa trova mercati esteri per le proprie merci, alla lunga produce danni epocali.

Una società povera genera tensioni sociali, violenza e delinquenza comune e organizzata. Controllare o reprimere questi fenomeni costa molto. Quando il Signore Gesù ci ha raccomandato di aiutare i poveri, ci ha dato un grande consiglio di macroeconomia, molto prima e molto meglio di Marx e Keynes.

                                                                                                                             Paola FERRARI

                                                                                                       DemoS-Democrazia Solidale