Appena sfogliamo il libro di Andreas Dushi, subito percepiamo che abbiamo a che fare con un poeta e scrittore giovane di età, ma già molto maturo con la sua penna. Sono convintissima che presto vedremmo all’orizzonte della letteratura contemporanea un’altra opera di Andreas, ricca di emozioni e “studio.” Appunto, “studio” poiché è ciò lui mette a disposizione dei lettori non solo dal linguaggio puro dei gheg, perla della lingua albanese, ma anche per le figure retoriche e mitologiche, nozioni che danno valore e senso a ciò vuole trasmettere.

Leggendo le opere di Andreas, notiamo una grande quadro artistico, non solo parziale ma generalmente esteso nell’incantevole valle del mondo che contiene in sé la vera scrittura e letteratura. Ultimamente, siamo abituati a notare un’enorme degrado della letteratura e, ciò non solo in Albania; spesso appaiono scrittori e poeti che riempiono intere pagine, non sapendo nemmeno loro stessi cosa verseggiano. Invece nella scrittura di Andreas, già dalle prime righe, troviamo l’amore infinito ed il rispetto verso di chi ci ha creato, assorbiamo dei importanti messaggi che, con la sua penna Andreas non solo desidera ma riesce perfettamente a darci.

Non c’è bisogno di sforzarsi tanto per apprendere tutto ciò, perché leggendo le sue opere, il lettore si perde e si incarna nella sua penna nei – e – con i personaggi, trovando molto spesso persino se stessi, in qualsiasi circostanza ed era. Molto notevole la saggezza di questo giovane scrittore che senza dubbio spalancherà le porte del successo nel mondo. Leggendo le opere di Andreas quasi ci dispiace che terminano, perché vorremmo rimanere incollati, senza distogliere il pensiero da ciò rende magica la lettura. Andreas ci invita e ci stupisce, spingendo ad aprire le pagine d’un fiato, già da quando prendiamo il libro tra le mani e leggiamo i titoli.

“Cristo vestito di rosso” ci fa intrufolarsi immediatamente, senza perdere tempo nell’intera atmosfera natalizia e non solo. Il rosso non è solo il colore di Santa Claus ma è pure la personificazione dell’amore, quella globale è celestiale che Cristo postula e dona all’umanità. Ed è proprio il colore rosso, unico a distinguersi tra tutti i altri colori dell’arcobaleno, passaggio e scala tra i due mondi, ponte che ci unisce con Cristo. Il titolo rende non solo omaggio a Colui che sacrificò per noi, ma espone enorme grandezza a chi non ha limiti di essere già enorme. Raramente troviamo oggi simili contesti ed esplorazioni, perché leggendo Andreas e ciò che facciamo: non solo leggiamo ma esploriamo mondi ed epoche diverse che malgrado tutto, si uniscono in un unico percorso, non solo nella scrittura ma anche nella letteratura.

È difficile a giorno d’oggi fare passi da gigante, in qualsiasi ramo direi, eppure Andreas è riuscito e, non solo perché “cammina determinato” nell’oceano difficile letterario, ma anche perché le sue doti e le capacità di creare la simbiosi autore – lettore, possiedono già in sé il loro forte e chiaro concetto, senza ripetere nulla nelle sue opere, diverse uno dall’altra. Sin dal primo confronto proprio con questo concetto con il lettore, Andreas non fa passi indietro, perché lui sa perfettamente cosa vuole comporre e cosa desidera trasmettere. Ed è proprio quest’ultimo che lo spinge andare oltre la scrittura. Ci colpisce profondamente quel patto di amicizia che l’autore propone ed ottiene con il lettore. Un richiamo di non scordarsi a vicenda ma continuando a rimanere uniti eternamente dalla scrittura – lettura. È un patto che autore esclama e sigilla con auspicio consapevole ché è una scala vacillante per arrivare dritto nel cuore dei lettori – amici dato che condivide con loro una buona parte di sé.
Nelle opere di Andreas troviamo dentro un forte timbro di evocazione verso la benevolenza della società, imbattiamo in migliaia dipinti, con meravigliosi inchiostri, di cui rendono magnifici e unici ogni personaggio. Ed è proprio (ritorno a ribadire), il colore rosso al centro della tavolozza. Il pennarello di Andreas “cosparge” con rara maestria varie sfumature, che risplendono in una sciame di metafore e ossimori, unici a rendere unica la sua scrittura.

(Angela Kosta, 28 febbraio 2024)
Andreas Dushi è nato a Scutari nel 1999. Lui è scrittore, traduttore ed editore. Attualmente vive a Tirana ed è redattore del giornale letterario “ExLibris”. Andreas lavora anche presso la Biblioteca Nazionale di Albania. 

Il suo primo racconto è stato pubblicato nell’antologia degli scrittori gege ” Fryma – Il Respiro” nel 2017. Nello stesso anno inizio il suo primo lavoro come giornalista presso il portale online “Konica.al” di cui, poco tempo dopo è stato anche redattore culturale. Nel corso degli anni ha pubblicato oltre duecento articoli, alcuni dei quali sono andati persi a causa dell’aggiornamento del portale. Proprio la ripubblicazione di questi testi, ma anche di tanti altri, che per motivi simili non si trovano più su Internet, ovvero l’avere di un archivio digitale, fu uno degli stimoli per la creazione di questo nuovo spazio di comunicazione tra l’autore ed il lettore.

Andreas terminò i suoi studi prima presso l’Università di Scutari “Luigj Gurakuqi” laureandosi in Lingua e la Letteratura Albanese” e anche gli studi dopo la laurea (in master scientifico) vicino a Tirana per “Antropologia Culturale e Letteratura Albanese”.
Andrea ha partecipato a numerosi seminari e conferenze nazionali e, attraverso programmi di scambio culturale, partecipò a diversi eventi letterari in Europa.

Andreas Dushi è uno dei co-fondatori della biblioteca “Zoja e Shkodrës – La Signora di Scutari” nei locali della Cattedrale della città. Per tre anni consecutivi fu membro del Consiglio Baritor parrocchiale.

Attualmente vive e lavora a Tirana, dove svolge le funzioni di bibliotecario presso la Biblioteca Nazionale di Albania e quello di redattore responsabile del giornale letterario-culturale “ExLibris”. Inoltre Andreas è anche Consulente di comunicazione preso una commissione per l’educazione albanese e Membro del Consiglio Artistico del Comune di Scutari.

Il suo primo romanzo, “Marrja e gjakut – Il Carpire del Sangue” è stato nella lista stretta per il Premio Letterario Nazionale nel 2018.

Il suo secondo romanzo – Pragu i braktisjes – La Soglia dell’Abbandono” è stato ammesso nella lista per il Premio  della Letteratura Europea nel 2020, mentre il suo ultimo romanzo, “Në besë të tatuazhit tënd – Ballata del tatuaggio” è stato insignito con il premio internazionale “Atë Zef Pllumi – Padre Zef Pllumi” per il 2023.
Questo romanzo è stato pubblicato in italiano dalla casa editrice “Besa Editrice”, tradotto da Fabio e Kriselda Rocchi.

Le pubblicazioni di Andreas Dushi sono:
– Cristo vestito di rosso – Volume poetico (Muzgu, 2017)

– Kur Vdekja të na Bashkojë – Quando la morte ci unirà – raccolta di novele e racconti (Fishta, 2017)

– “Marrja e Gjakut – Il Carpire del Sangue” – romanzo (Onufri, Tirana, Novembre, 2018)

– “La Soglia dell’abbandono” – romanzo (Albas, Tirana, novembre 2019)
Questo romanzo è stato nominato per il Premio Europeo di Letteratura

– “Në Besë të Tatuazhit Tënd – Ballata del Tatuaggio” – “Onufri, Tirana, novembre 2022)

Questo Romanzo ha vinto il Premio Internazionale “Atë Zef Pllumi – Padre Zef Pllumi” con la motivazione:

“Per l’agilità e la natura della narrazione; ricco discorso artistico; la costruzione dei componenti nonché il coraggio di un giovane scrittore di riflettere ed esprimere artisticamente i problemi dell’essere umano in generale e quella dell’albanese in particolare.”

Le sue opere sono state tradotte in lingue straniere come: lo sloveno, l’inglese, il croato e l’italiano.

Andreas Dushi è co-autore di queste antologie:
– “Fryma – Il Respiro” (Editore: “Muzgu”, Tirana) con il racconto: “Mbi Ato Vorre – Sopra quelle Tombe (gennaio – 2017)

– “Antologia” (Editore: “Fiorentia”, Scutari) con il racconto “Nga Ditari i Kainit – Dal Diario di Caino” – Gennaio, 2018)

– “Antologia del racconto albanese – XXi secolo” – Editore: “Kubi i Poezisë”, Tirana con il racconto ” Shoku yt, baba – Il tuo amico, papa” (Settembre 2019)

– “La mamma e l’umidità” – Editore: “Besa Editrice” (Dicembre 2022, Lecce – Italia)

Andreas Dushi è stato elogiato e recensito da critici letterari e scrittori noti come: Visar Zhiti, Arben Çokaj, Alfred Çapaliku, ecc…

ALCUNI PREMI DELL’AUTORE
– Premio Nazionale di Letteratura (Albania, 2018)

– Premio Europeo di Letteratura (2020)

Premio Internazionale Padre Zef Pllumi (2023)


RECENSIONI:

L’IMPORTANZA DI “CRISTO VESTITO DI ROSSO” di Andreas DushiRecentemente, dalla casa editrice “Muzgu” uscì il primo libro del giovane poeta Andreas Dushi. Il suo nome l’avreste notato su giornali, riviste e vari siti online come autore di testi storici e letterari, ma con un libro tutto suo, lui si presenta per la prima volta.

Il volume poetico “Cristo vestito di rosso” è un libro diviso in quattro capitoli. Il primo capitolo si dedica alla Fede in Dio, qualcosa universale, eterno e incessante.

Il secondo capitolo è dedicato ai martiri albanesi come l’orgoglio più grande con cui l’Albania si può identificare al mondo intero.

Il terzo capitolo mostra la gioia dal bambino fino l’adulto di cui viene vissuto durante le bellissime vacanze di Natale.

Mentre il quarto capitolo rende grazia alla lingua albanese vestendo con essa alcuni dei poeti più importanti di tutti i tempi.

Il libro è scritto in pura lingua ghega, non influenzato da quelle che sono conosciute come lettere dialettali in cui i primi documenti si trovano in albanese e certamente senza parole in lingua turca quale sembrano aver conficcato profondamente le loro unghie lunghe influenzando così anche la bellezza e la fluidità del ghego.

L’importanza del libro sta in due aspetti. In primo luogo, il libro inneggia la figura del Padre, il Dio Onnipotente che è uguale per tutti, ma al quale tutti possono pregare nel modo che vogliono. In secondo luogo, l’uso così preciso del ghego ci fa ricordare gli indimenticabili versi di Padre Fishta oppure quelli di Don Mjeda dai quali, come dice l’autore stesso, ha preso indizi in alcuni occasioni.

Il titolo ad un certo punto un po’ strano si spiega dall’autore stesso nella prefazione del libro:
Sono convinto che quando leggerete il titolo del mio primo libro, avrete una sorta di confusione di cui verrà dal dubbio che porta il titolo per il contenuto del libro. Il libro è un opera di poesie che elogiano, innalzano e creano un’immagine per Tenzone, suo Figlio e di alcuni dei nostri martiri.
La nascita di Suo Figlio nella festa che celebriamo qui sulla terra, si caratterizza dal colore rosso. San Nicola (di cui ora il nome è cambiato con neologismo come Santa Claus (Babbo Natale), se un nome si può chiamare neologismo), tiene indossato un abito rosso. Le palline dell’abete multicolorato sono rosse. Anche il colore delle uova di Pasqua è rosso. E quale colore descrive meglio Cristo?Il colore rosso è inoltre anche il colore dei martiri, poiché simboleggia il loro sangue. Per questo motivo, ogni volta che si celebra la messa in onore dei martiri, come il 26 dicembre, che è il giorno del primo martire Santo Stefano, il 5 novembre che è il giorno dei martiri albanesi, il 14 novembre che è il giorno di San Nicola con amici martiri e molti altri, i sacerdoti indossano vestiti rossi.

Spinto da queste ragioni citati sopra, penso che al Cristo non sarebbe donato nessun indumento migliore del rosso.

Invece l’editore del libro, Mark Simoni, scrive tra l’altro del libro “Cristo vestito di rosso”: Questa volta Andreas arriva con un volume poetico diverso da quello di cui siamo abituati a leggere, abbastanza interessante, con un lessico e un linguaggio molto fine e cristallino.

E per chiudere, vale la pena mettere una frase tratta dall’apprezzamento che è stato fatto all’autore sul giornale “Standard”, che riassume al meglio il suo lavoro:
Andreas Dushi è una voce letteraria diversa…

(Arben Çokaj – 10 luglio 2017)

IL PRIMO ROMANZO DI UNO STUDENTE
Ho letto il romanzo “Il Carpire Del Sangue” di uno studente che non conosco affatto, Andreas Dushi. Lo iniziai tardi e l’ho lessi velocemente, “scorreva”, una qualità questa, secondo me, di chi sa scrivere… bene!

Cosi scrissi all’autore nella sua e – mail…
Romanzo speciale, originale, metafora di un luogo e di alcuni dei suoi tempi, cioè di quelle persone, passanti come i capi del libro stesso, ombra tra realtà e leggenda, dove la leggenda si sentiva più reale… Allo stesso modo, l’assurdità del “Il Carpire del sangue” e non della vendetta di sangue, di cui è una cosa rarissima, ha una ragione da Caino e questo è il tragico, più grave della tragedia, con quella pesantezza della quotidianità, congelata come nei bassorilievi scuri e medievale, con il senso anche del mezzo della vita.

Romanzo sintetico costruito con gli elementi della poesia, con quei spacchi.

Il rapporto del narratore (non dello “scrittore”), con il lettore è interessante, trovato, persino con umorismo basso, come se il romanzo abbia un umorismo estremamente parsimonioso, turbolento, non nero. C’è un rimprovero, un po’ aperto, meno importante e un rimprovero un po’ nascosto, più importante. L’ironia sì. La letteratura moderna è una grande ironia.

Io credo che per la letteratura, abbia più importanza come (si) scrive, più di quello per ciò lo scrivi, almeno nel momento della lettura e, la letteratura vive quando la leggi, e il lettore senza pietà, diventa un co-autore, che ti facilita il percorso e altrettanto te lo rende difficile.
Alla fine mi sono reso conto che lo studente Andreas Dushi ha un’enorme passione per scrivere, ambizione e la scrittura non te la può insegnare nessuno così come nessuno non te la può togliere questo desiderio di demiurgo.

I più inutili sono i consigli. Ad un giovane, secondo me, si può dire di non fare come le generazioni precedenti, i loro errori, i loro peccati. Quel non amare per la composizione degli altri. Bisogna proteggere e ingrandire la sacra capacità di scrivere con forme e contenuti, vari e inattesi ma con una cosa immutabile: la sincerità dello scrittore, il coraggio. A nulla devi temere tranne ciò che scrivi, credo. E questo ti aumenta il coraggio… Ami la verità, il morale e l’essere uno scrittore responsabile e nutri l’immaginazione.

La leggenda di Rozafa continua, tale castello può essere anche la città natale dello studente.

Non sempre l’omicida e l’assassinato sono lo stesso uomo e il Carpire del Sangue è letteratura. La letteratura prende il proprio sangue e lo dà agli assassini, ecco… dice a loro in silenzio, ecco… e, non commettete omicidi nella vita!

Questo è tutto. I labirinti nella città del libro sono diversi, attesi e inattesi, secondo a quello che vaga. La ricerca dell’altro è la ricerca di sé stesso mancante.

Due autori, uno padre e l’altro figlio, nonno e nipote, come si può dire, di cui non si sono visti, generazioni letterarie, ma che la letteratura nel frattempo li fa anche uno, decidendo la gerarchia della narrazione, un altro tempo letterario, la quale sembra di essere diverso dal tempo generale di tutti, ma senza il tempo letterario non c’è tempo, memoria di essa e, il tempo è salvo quando riesce ad entrare sui libri, così simili alle otre mitologiche dell’Eolo, di cui all’interno possedevano il vento.

I libri sono pieni di tempo, leggendoli noi diventiamo anche con i tempi degli altri, con pezzi di eternità.

(Visar Zhiti – 27 luglio 2019)

UNO SGUARDO PERIFERICO AL ROMANZO DI ANDREAS DUSHI “Il CARPIRE DEL SANGUE”
Il romanzo di sintesi di Andreas Dushi “Il Carpire del Sangue” ha l’origine da “Il Capo Diciannove – Il Sangue e il Genere, La Fratellanza ed i Compari nel Kanù delle Montagne” del Kanun di Lekë Dukagjini, ma nel modo in cui è concepito e nel suo sumus struttura un sistema paradossale di quei tempi. Il genitore impiccato alla corda appare quanto suicida e depressivo, lo stesso appare ucciso dalla pressione reale degli altri, cosa che viene rivelata nella lettera personale, testimonianza del crimine:

Ho paura di Voi” (Pagina 12)
Questo è l’asse su cui si basa la costruzione del libro o l’asse su cui gira il sfogliare dell’opera

Nell’elaborazione vertiginosa letteraria come le forme postmoderne, Dushi Andreas rovina le radici dell’archetipo primitivo senza seguire alcun modello precedente. L’artefatto del posatore Andreas Dushi è la scrittura liberatoria semiautomatica, che tramite il linguaggio dell’uso, utilizza monologhi e sequenze di dialogo, proprio come quelli di un scenario cinematografico.

La poetica dell’opera fluttua costantemente, presentando una frattura di eroi, che durante la curva del thriller risultano pseudoeroi. Altrimenti oltrepassano viventi cocciuti con complessi metafisici, che sopportano all’estremo l’un l’altro:

I. Il suicida problematico di se stesso a causa degli altri – Voci.

II. Suo fratello molto intrigante e molto disorientato: Vilzani.

III. La moglie con estranea bellezza del defunto – Leticia.

IV. – V. – VI. –VII. I figli del disgraziato: – Laloshi, – Leci, – Leka, – Lulashi, che devono carpire il sangue del defunto ad uno di loro, figlio legittimo.

VIII. La nota Rapsodia che canta la fatalità, sempre nel suo modo monotono, nella menzogna.

IX. – I figuranti casuali, individui senza identità, che circolano davanti e dietro, servendo semplicemente a mantenere il ritmo del tempo dell’evento.

I personaggi frammentati si inquadrano all’angolo di novanta gradi della doppia doppio sguardo, poiché in ogni episodio osservano gli altri, proprio nel momento quando gli altri sono ad  in aspetti minuziosi.

Ma nella decorazione tesa, che si estende dal Monte con Fumo fino alla Città Millenaria, questo gruppo di figure di passaggio non gli basta allo scrittore Andreas Dushi per estensione intera del tessuto in bianconero della tragedia, la quale come fine ha l’inizio. Per realizzare i trenta mini – capitoli della stesura avanzata, gli serve anche un individuo senza profilo ed età. 

X. – Il lettore ben capito, sia come partecipante allo sfondo geografico, sia presente nelle spirali psicologiche:

“Da quando iniziai a scrivere ciò so e ho sentito, ho pensato a te, lettore. Tutto quello che sto facendo, è diretto a te e solo a te”. (Pagina 96)
“Vorrei dirti perché mi rivolgo con Tu. Ci sono due ragioni. La prima è perché questo libro che tieni in mano è diretto solo a TE. Quindi, se mi rivolgeresti con Voi, sembra che io stia parlando con tantissimi lettori, mentre tu stai leggendo completamente da solo. La seconda ragione è perché non voglio creare freddezza tra di noi. Poiché io ti sto raccontando alcune cose, di cui probabilmente mi trovo un po’ anche io, significa che per me Tu sei un amico. Ed io non ho mai sentito conversazioni tra amici, dove uno si rivolge all’altro con Voi. Siamo in due: Io e Te. Due amici che ci lega eternamente questo libro.
(Pagina 98)
Mentre sul dipanarsi artistico del sottotitolo del romanzo (la prima metafora di un assurdo albanese) gli serve anche se stesso come personaggio.

11. – L’autore (se stesso fiction) coinvolto nel cerchio della favola e nella sua , ove viene dichiarato solo come narratore dell’evento in movimento, guardandoli con sospetto i professionisti della scrittura:

“Per favore, non chiamatemi scrittore.”  (Pagina 126)
(Alfred Çapaliku – Scutari, 26 settembre 2020) 

Preparato e tradotto in italiano da Angela Kosta Accademica scrittrice, poetessa, saggista, critica letteraria, redattrice, traduttrice, giornalista