La poesia è morta in me e in questo mondo.  Sono stanco delle guerre, dei bambini che muoiono di fame nel mondo, delle malattie. Qualsiasi poesia è impotente di fronte a tutto ciò. Sono anche stanco del materialismo spicciolo e della parvenza ipocrita di spiritualità. Sono stanco di veder dividere tutto in utile e inutile. Sono stanco di veder considerate necessarie molte cose superflue. Sono stanco di vedere la gente che non si guarda più negli occhi, persa dietro allo schermo del cellulare. Sono stanco di veder giudicate le persone solo in base all’aspetto fisico e ai soldi. Sono stanco di vedere persone logorate dallo stress quotidiano. Sono stanco dell’impoverimento del linguaggio delle persone. Sono stanco di vedere un popolo intero anestetizzato, omologato, inebetito dalla televisione,  dai social, dal porno. Sono stanco del potere che vuole sempre più controllare, dividere, impoverire il popolo. Sono stanco dei soliti discorsi che non cambiano niente. Sono stanco delle mode e del conformismo. La poesia è morta in me e nel mondo. 

Sono stanco di vedere la poesia come una guerra persa. Sono stanco delle guerre tra poeti. Sono stanco di un’intera società che fa guerra ai poeti e alla poesia. Sono stanco della retorica della e sulla poesia. Sono stanco di tutto questo. Ma voi pensate pure che sono uno che ha molto tempo da perdere. Sono stanco di vivere spendendo soli 3 euro al giorno. Sono stanco di non veder compresi i miei problemi. Sono stanco di non fare sesso. Sono stanco della mia solitudine. Sono stanco di guardare le donne degli altri, che sono sempre degli altri. Ho solo un amico vero, che neanche legge le mie stronzate perché non ha tempo. Sono stanco di essere considerato un essere inutile. Sono stanco di dare fastidio. Sono stanco di essere di troppo. Sono stanco di essere uno scarto. Sono stanco di farmi male. Sono stanco di essere stanco.  Vado avanti solo per inerzia. Una vera ragione per vivere non ce l’ho, ma ho paura di morire. Quindi state pure tranquilli: non mi ammazzo, non ho intenti suicidari. Sono anche stanco di sentirmi dire: “ma perché ti occupi di stronzate come la poesia?”

Di conseguenza concludete pure che sono  stronzo, incapace, depresso. Lo so che nel mondo c’è chi sta meglio ma anche chi sta peggio di me. Io vi posso solo dire: la poesia è morta in me e nel mondo.

Mi rivedo giovane quando iniziavo a scrivere versicoli, a leggere di notte libri di poesia. A cosa è servito? A cosa mi è servito? A niente. Assolutamente a niente. Questa è la resa dei conti. Questo è il bilancio fallimentare. La poesia non può nulla contro la superficialità, il vuoto, l’odio,  la morte, l’inferno terreno e ultraterreno,  la solitudine, la povertà, il Niente.  Andate avanti voi e stateci seri nei vostri readings, alle cerimonie dei premi, ai vostri poetry slam, alle vostre presentazioni di libri. Sorridete felici quando vi fotografano! E scopate pure alla faccia mia. E ridete pure di me quando morirò. A volte penso che  sarebbe meglio se mi addormentassi per sempre nel sonno e andassi all’altro mondo, ammesso e non concesso che ci sia un altro mondo. La poesia è morta in me e nel mondo.  Concludo riportando una poesia del poeta Kenneth Patchen:

COLLEGE ALL’ANGOLO DELLA VIA

L’anno prossimo ci coprirà l’erba della tomba.

Ora stiamo su, e ridiamo;

Guardando le ragazze di passaggio;

Puntando su dei brocchi; bevendo gin da quattro soldi.

Da fare non c’è niente; da andare, in nessun posto; c’è nessuno.

L’anno scorso era un anno fa; nient’altro.

Non eravamo più giovani allora; né ora siamo più vecchi.

Riusciamo a tenerci un’aria giovanile;

Dietro le facce non sentiamo niente, in nessun modo.

Probabilmente non saremo davvero morti quando moriremo. E comunque non siamo mai stati niente: nemmeno dei soldati.

Noi siamo gli insultati, fratello, i figli desolati.

Sonnambuli in una terra buia e terribile,

Dove la solitudine è un coltello sporco alle nostre gole.

Stelle fredde ci guardano, socio

Stelle fredde e puttane.