14 >19 maggio | sala Bausch

L’angelo di Kobane

di Henry Naylor, traduzione Carlo Sciaccaluga

regia Simone Toni

con Anna Della Rosa

creazione visiva Christian Zurita

produzione TPE – Teatro Piemonte Europa

produzione originale 2018 Teatro Nazionale di Genova

Era il 2014 quando l’ISIS attacca e mette sotto assedio la città di Kobane e i villaggi attorno, al confine siriano con la Turchia. Un anno dopo, le truppe dell’alleanza tra curdi ed esercito siriano libero, con l’appoggio Usa, riconquistano il territorio, ma una nuova offensiva dello stato islamico provoca ancora morti. Uccisioni, distruzione, fughe, violenze: passati otto anni, la guerra siriana rimane una delle pagine più cupe della storia recente.

Il pluripremiato autore inglese Henry Naylor, classe 1966, ha condotto una lunga indagine, fatta di ricerche, interviste, studio su quanto accaduto e ne ha tratto un ‘magmatico’ racconto, un flusso di coscienza che prende spunto da una storia vera. Quella di una giovane donna, una contadina kurdo-siriana chiamata Rehana, che avrebbe voluto studiare, diventare avvocato, e invece ad un certo punto abbraccia il kalashnikov fino a diventare un implacabile cecchino di un gruppo di combattenti, tutte donne, denominato YPJ. Vittima del destino, Rehana si ritrova così arruolata tra le unità curde femminili che eroicamente combattono l’Isis e resistono all’assedio della città di Kobane. Una storia amara, tragica, violenta e cruda, come la guerra.

Dopo il debutto al Festival di Edimburgo nel 2016, Angel – titolo originario e terzo capitolo della trilogia Arabian Nightmares – è stato rappresentato in Europa, Australia e Stati Uniti, ricevendo numerosi premi. Tradotto in francese, portoghese, russo, greco, norvegese, ha dato vita a diversi allestimenti originali.

In Italia debutta nel 2018 all’interno della Rassegna di Drammaturgia Contemporanea del Teatro Nazionale di Genova.

«Volevo raccontare – spiega Henry Naylor – quanto e come i nostri sogni possono essere distrutti dalle ambizioni di qualcun altro. E di come una donna, che credeva nel pacifismo e nella giustizia, si sia convertita alle armi e alla violenza. A livello macro si tratta dell’orribile paradosso per cui le società pacifiche sono spesso fondate sulla violenza. La mia versione della storia di Rehana è l’incarnazione di quell’idea di chi inizialmente credeva nello stato di diritto e poi ha finito per credere nello stato della pistola».

Lo spettacolo mostra l’orgoglio e il coraggio del popolo curdo che da solo ha respinto e tuttora sta resistendo all’esercito di Daesh, l’Isis. Un reportage di guerra in forma verbale che pone domande difficili sulla complicità di tutti nel caos.

«La storia dell’uomo – afferma il regista Simone Toni – ci presenta innumerevoli avvenimenti in cui il sangue dei civili è stato l’ultima linea di difesa, e quando un popolo è costretto a prendere le armi per difendere la propria terra e la propria libertà è una sconfitta per tutto il genere umano. Ecco perché il nostro spettacolo oggi è ancora tristemente attuale. L’arte e la cultura dovrebbero contribuire a formare coscienze umane fatte di sentimento, comprensione e compassione».

Racconta Anna Della Rosa: «Rehana è l’emblema di ragazze che sono esistite e che esistono, e non importa se è quel volto sorridente, sia il suo o meno: ciò che conta è quello che rappresenta. Mi sono documentata sui Curdi e in particolare sulle donne, perché nella loro tradizione si arruolano come volontarie. Per cui direi che Rehana è tantissime donne e ragazze. Si tratta di storia di recente attualità».

L’angelo di Kobane è la piccola grande storia di Rehana. Viene da un altrove e si presenta nel qui e ora per tranquillizzarci, non vuole farci sentire in colpa, vuole solo raccontare una storia di cui nessuno parla. Vuole raccontare come è stata costretta a scappare di casa un giorno con sua madre, perché stava arrivando l’Isis, e come poi sia fuggita tornando a cercare il padre che a sua insaputa era rimasto a combattere. Vuole renderci partecipi di come da aspirante avvocato sia divenuta uno spietato cecchino delle YPJ e di come infine sia stata catturata e decapitata, infrangendo la regola d’oro ‘tenere l’ultima pallottola per se stessi’. Soprattutto ci racconta il suo amore per la vita e di come le violenze subite non l’abbiano scalfita.

Teatro Elfo Puccini, sala Bausch, corso Buenos Aires 33, Milano

Durata spettacolo: 1 ora 25 – Orari: mart-merc-giov-sab ore 19.30 / ven ore 21 / dom ore 15.30

Prezzi: intero € 34 / <25 anni € 15 / >65 anni € 18 / online da € 16,50

Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021