Fonte: https://www.pearson.it/opera/paravia/0-6859-i_classici_nostri_contemporanei_edizione_in_sei_volumi, volume 3.2, pag. 422

Foto e Vita di Giorgio Caproni: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Caproni


Parole semplici, nette, lineari, chiare. È così che Caproni si esprime nelle opere della maturità, discostandosi dalla struttura complicata delle parole dell’ermetismo. Si avvia ad una compostezza formale e ad una ricercatezza di assonanze, rime, versi isosillabici o endecasillabici.
Attraverso la semplicità delle allegorie indaga temi importanti e concreti come la città Genova, parte della sua anima, il viaggio, il dolore, la madre, la morte come a voler fare convivere immagini reali  a una poesia aulica che ritiene, però,  insoddisfacente. Nel Seme del piangere, raccolta dedicata alla madre, quel dolore che, Caproni si porta dietro dal passato, evolve in poesia, in narrazione e rievocazione di ricordi, così forti nella sua interiorità da traslarne la sostanza su un doppio binario in cui coesiste la consapevolezza di una vita di incertezze e la compensazione dell’infinito amore degli affetti più cari che rimane nella memoria.
Caproni è il messaggero di un universo lirico e quotidiano, di una musicalità armonica che scaturisce dalla ricerca accurata di rime. La limpidezza della sua versificazione rende accessibile a tutti il pensiero, i concetti,  come la morte e la solitudine, espressi  attraverso un susseguirsi di immagini visive e immediate che rievocano tratti di realtà, di quotidianità. Nel Seme del piangere (il cui titolo riprende un verso del Purgatorio, XXXI, v. 46, l’invito di Beatrice a Dante: ” pon giù il Seme del piangere e ascolta”) Caproni con un linguaggio discorsivo, familiare, direi, se pensiamo che ricorre ai diminutivi e ai vezzeggiativi, ci trasmette la forza interpretativa della parola, il suo essere più coerente possibile agli aspetti della vita, senza alterazione né simbolismi trascendentali.

Per il  testo fonte: https://www.ilpiaceredileggere.it/giorgio-caproni/il-seme-del-piangere

IL SEME DEL PIANGERE
   Quanta Livorno, nera
D’acqua e -di panchina- bianca!

   Serduto sul Voltone,
o nel buio di un portone, 
che lacrime nel bambino
che, debole come un cerino,
tutto l’intero giorno
aveva girato Livorno!

   La mamma-più-bella-del-mondo
Non c’era più – era via.
Via la ragazza fina,
d’ingegno e di fantasia.

   Il vento popolare
veniva ancora dal mare
Ma ormai chi si voltava
Più a guardarla passare?

   Via era la camicetta
timida e bianca, viva.
Nessuna cipria copriva
l’odore vuoto del mare
sui Fossi, e il suo sciacquare.