1 GIORGIO PENOTTI

Intervista al musicista e cantautore Giorgio Penotti che ci parla del suo album “Spazio per dedica”

di Pier Carlo Lava

Alessandria: Giorgio Penotti (Alessandria 1957) musicista eclettico e discontinuo. Primo amore: la chitarra, poi molti altri amori, molto forte quello per il sassofono. Nel corso degli anni ha coltivato interessi musicali molto diversi tra loro: la canzone, il folk, il jazz (ma l’elenco è incompleto); si è dedicato allo studio di diversi strumenti musicali, alla composizione e all’arrangiamento.

Spazio per dedica” è l’album di esordio di un cantautore un po’ attempato che ha scritto canzoni per tutta la vita, ma con una certa discontinuità. E poi all’improvviso, chissà cosa succede, le canzoni spuntano come viole, tutte insieme al primo sole. Nasce la voglia di registrarle nel modo più semplice, così come sono nate: chitarra e voce.

Però “Spazio per dedica” è anche un recital di canzoni, ognuna dedicata a qualcuno o a qualcosa, ognuna porta una storia degna di essere ascoltata e personaggi da conoscere o in cui riconoscersi.

Presentarsi oggi davanti ad un pubblico soltanto con una chitarra a tracolla per cantare canzoni è una cosa così vecchia e démodé da risultare quasi nuova, e anche avventurosa. Lo spettacolo richiede uno spazio intimo e pubblico molto selezionato.

2 GP piano americano

Lo abbiamo intervistato in merito al suo album “Spazio per dedica”, queste le sue risposte:

D. Perché il tuo album si chiama così: “Spazio per dedica”?

R. Dopo aver composto le canzoni mi sono accorto che ognuna mi parlava di qualcuno. La cosa strana è che l’ho scoperto dopo. Perciò la dedica è diventata il filo conduttore che collega ogni brano e il pretesto narrativo con il quale ho scritto il testo dello spettacolo.

D. Spettacolo?

R. Sì, mi presento davanti al pubblico da solo con la chitarra e canto le canzoni collegandole con racconti dedicati ai personaggi delle canzoni. Forse sarebbe presuntuoso chiamarlo “teatro canzone” come quello di Gaber, però un po’ di cabaret me lo posso concedere.

D. E di chi parlano queste canzoni?

R. Sono situazioni e personaggi in parte vissuti e in parte inventati, ho mescolato fantasia e autobiografia. La fantasia mi serve a dare più colore ad emozioni che hanno coinvolto me, ma non necessariamente possono interessare agli altri; l’autobiografia invece è per dare più verità al racconto.

D. Nella foto di copertina sei accanto alla cornice di un quadro, ma sembri in mezzo alla campagna, dov’eri?

R. In un luogo che considero speciale. E’ un prato in collina, ai bordi della strada che porta a Rivarone, lì qualcuno ha dedicato una installazione artistica a Leopardi, o meglio alla sua lirica “L’infinito” che nel 2019 ha compiuto 200 anni. Questo incontro casuale di “dediche” è stato un felice combinazione, mi sembrava giusto citarlo in copertina. Non pretendo con questo di essere un poeta.

D. Che cosa sei?

R. Un musicista che ha sempre giocato in diversi ruoli. Questo è quello del cantautore. Ma non sono le prime canzoni che scrivo, anzi le prime risalgono a quando avevo sedici anni. E’ passato un po’ di tempo! Solo adesso però mi sono deciso a raccogliere le ultime, le più fresche, quelle che mi rappresentano in questo momento, per pubblicarle.

D. Scusa se mi permetto, ma non è tardi per un debutto?

R. Se parliamo di costruzione di una carriera nel mondo della musica non è tardi, è tardissimo! Sono decisamente fuori tempo massimo, però… che importa? Di tutto quello che faccio con la musica, tra sassofoni, flauto e altri strumenti, devo ammettere che la cosa che mi dà più gioia è prendere in mano la chitarra e cantare una canzone.