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Lilia Testa, “serva inutile” dell’Evangelo, di Agostino Pietrasanta

Domenicale ● Agostino Pietrasanta

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Alessandria: Richiamo un passaggio di straordinaria pagina letteraria, eppure adeguato sotto ogni riguardo. “La sua vita è come un ruscello che scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare e intorbidarsi mai, in un lungo corso e per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume”. Tanto basti; Alessandro Manzoni, così introduce la storia personale e pubblica di Federico Borromeo e non costituisce affatto una forzatura per opportuno inquadramento della vicenda umana e terrena di Lilia Testa.

Una donna grande, una cristiana senza aggettivi che ha percorso, senza mai derogare dai suoi convincimenti, gli anni di una società in fermento e di una Chiesa impegnata nel rinnovamento conciliare, dando un contributo di testimonianza unico, cristallino, non ostentato, ma concretizzato in molte e diverse presenze; alla fine, dopo tutto un cammino di servizio ha raccolto un più significativo comando evangelico che viene indicato nell’Evangelo di Luca , “…quando avrete fatto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”

E allora: ecco il titolo più coinvolgente, più emozionante per chiunque l’abbia conosciuta e frequentata nel cammino che ora costituisce il passaggio nel segno della Fede: “Lilia Testa, serva inutile dell’Evangelo”.

I ricordi si moltiplicano, ma devo fare sintesi in poche annotazioni. Lilia fu per intanto donna di Fede e la sua prima fedeltà fu riservata al Padre celeste. Più volte l’abbiamo sentita ripetere il bisogno di una perfezione sulle orme dell’indicazione evangelica: “siate perfetti come il Padre mio…” Sapeva bene che una tale perfezione è impossibile all’uomo inevitabilmente tentato e peccatore, ma sceglieva anche di tener presente il comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo come stella polare della sua esperienza: i limiti dell’umano non le facevano dimenticare la fatica santa del Cristianesimo posto in essere; legata come pochi altri alla parola di Paolo VI, “…testimoni più ancora che profeti” agiva con coerenza limpida, “…senza ristagnarsi e intorbidirsi mai”.

E la fedeltà al Padre stava pure nella fedeltà alla Chiesa. Qui il percorso si fa anche troppo nutrito di vicende di servizio, di dedizione. Lilia non ha predicato molto; ha agito. Vissuta e inserita nel contesto di una Chiesa locale non priva di complessità, ma sicuramente vivace nel dibattito post/conciliare, ha scelto le strade dell’Azione Cattolica, sempre con ruoli di autorevole servizio a Dio, ai fratelli, alla Chiesa popolo di Dio e anche istituzione, ma parlando chiaro e senza sicumere  ai suoi vescovi, ai sacerdoti che agivano nell’associazione, nonché a quelli che non l’avrebbero voluta. Talora si trovava di fronte all’attivismo propositivo, altra volta a fronte di signorile riconoscimento, infine di fronte a una proposta di Chiesa inserita nella vita degli uomini (pensate a Almici, Maggioni, Charrier), ma mentre altri, sia pure nella ricerca di un servizio parlavano di “pastorale del cemento” (Almici!), mentre alcuni accusavano di accondiscendenza rinunciataria, mentre non pochi criticavano la omologazione alla laicità di vescovi e sacerdoti, Lilia non ha mai criticato; se riteneva il caso, parlava con parresia, non lanciava sassi per nascondere il braccio: lasciava tutto ciò ai carrieristi che anche nella Chiesa locale non sono mancati.

Un percorso limpido, cristallino mai convinto di esperienze di conquista che la lasciavano perplessa e persino sgomenta quando, all’interno della Chiesa e dal “fuoco amico” sentiva attacchi all’Azione Cattolica” e alla scelta religiosa del dopo/Concilio. A questi attacchi rispondeva con meraviglia sgomenta, non con ingenuità e continuava per la sua strada con l’impegno della gratuità più radicale: “serva inutile”.

Tutti conoscono la sua attività decennale a Torgnon, assicurata sempre con alcune preziosissime collaborazioni (dei vivi non parlo, dei morti è bene tacere in un passaggio che finirebbe per ricordare alle esperienze di oggi che molti “tiri” andrebbero ripensati). Torgnon però era anche un occasione: non solo luogo di indimenticabili incontri formativi, né esclusivamente di importanti esperienze spirituali, ma anche casa per ferie. E lì passavano esperienze le più diverse. Uomini e donne in crisi di crescita spirituale, famiglie alla ricerca di un’identità nuova e equilibrata, giovani in cammino di una fede incerta. Lilia amministrava con competente equilibrio, ma soprattutto ascoltava: autentica direzione spirituale e umana, scuola e testimonianza di vita che finiva per convincere e contagiare, senza pretese di proselitismo, ma radicamento nella vita di fede.

Lo stesso atteggiamento poneva in essere nella scuola, nell’insegnamento che era la cifra della sua professione: competenza, didattica, ascolto, tutto in spirito di testimonianza. Non insisto su questo aspetto che finirebbe per coinvolgermi anche troppo direttamente e emotivamente.

Ora Lilia ci ha lasciati un po’ soli: insondabili disegni della Provvidenza, passaggi dolorosi di un’umanità sconvolta e forse anche un pizzico di indifferenza dell’uomo, hanno fatto che il suo corpo mortale non sia entrato nel Tempio. Non riesco a distaccarmi dal passo evangelico della Samaritana; Lilia non ha conosciuto le contraddizioni di quella povera creatura, ma la illuminante affermazione di Gesù al personaggio dell’Evangelo, mi ritorna alla mente e al cuore con insistenza: quando ci sarà discordia sul  luogo dell’adorazione (“Il Tempio e il Monte”), verrà il tempo degli adoratori in spirito e verità.

Addio Lilia: hai terminato la corsa, hai conservato la Fede; ma attenzione,  A Dio: presso Dio con il supporto della sicura speranza che ogni Cristiano desidera condividere, anche con tutti coloro che non ritengono di condividere un cammino di Fede.