La protezione dei torturatori, Agostino Pietrasanta

Posted on 14 novembre 2020

Editoriale Agostino Pietrasanta

https://appuntialessandrini.wordpress.com

Alessandria: Nel passaggio drammatico e nella deriva sanitaria che stiamo subendo, diventa spiegabile il silenzio pressoché totale dei media circa i crimini commessi sulla pelle dei migranti; in particolare su quelli che, transitando nei campi libici o trattenuti a forza nelle prigioni gestite da varie tribù, sono in balia dei trafficanti di esseri umani. Non sarà inutile qualche annotazione in merito.

Giunge notizia che nei giorni scorsi a Bengasi, nel pieno centro della città libica (Cirenaica), è stata trucidata, davanti a parecchi testimoni, l’avvocatessa Hanan al-Barassi, la quale da tempo andava denunciando, con coraggio e volontariato, i delitti e gli abusi delle milizie del generale Haftar, torbido personaggio considerato ribelle dalle stesse Nazioni Unite che riconoscono come unico capo della Libia Fayez al.Sarray: un riconoscimento che vale per quello che può, dal momento che nel Paese che di fatto resta difficile considerare uno Stato, comandano e spadroneggiano varie tribù in concorso o in conflitto fra di loro. In concorso nei crimini contro i diritti umani, in contrasto nella spartizione degli utili che ne conseguono o, tanto per citare, che conseguono il controllo dei più indecorosi commerci del petrolio, della droga e delle armi, bene spesso o quasi sempre procurate dalla “civilissima” Europa.

Parlando d’Europa, si sottolinea che anche l’Italia, svolge un suo ruolo. Tuttavia, se da una parte il nostro Paese viene oggi elogiato dalla Corte dell’Aja per la condanna a  venti anni di reclusione di alcuni responsabili di torture a carico di detenuti a Zawiyah, città della regione costiera della Tripolitania, dall’altra residuano contraddizioni più ambigue che ambivalenti. La prigione, per conto dei ribelli o delle tribù che non riconoscono il capo dello Stato legittimato (almeno formalmente) dall’ONU, viene gestita dalle ciurme del pregiudicato comandante Bija di cui il nostro blog ha già avuto modo di dire. Ora da qualche tempo il summentovato è stato posto agli arresti per i suoi innumerevoli delitti (qualcuno però sottolinea che si tratta di consegna concordata), ma di lui non si sa più nulla dallo scorso ottobre. Quando parliamo di contraddizioni italiane intendiamo riferirci ai contatti intervenuti proprio tra il Bjia e le autorità italiane per “governare” i flussi dei migranti verso la nostro Patria di “brava gente”. Va aggiunto che una provata riunione avvenne a Gela nel 2017; come vedete, qui Salvini non c’entra. Lo dicono le date e, per quanto mi riguarda, non faccio certo il tifo per il “capitano”, di cui spero ogni possibile sconfitta, ovviamente nel campo politico.

Le notizie non si fermano a queste constatazioni e considerazioni: nel marasma delle scorribande tribali diventa ben difficile individuare tutti i crimini contro i diritti umani sul territorio libico. Esiste, esempio tra tutti, un altro torbido personaggio, Al-Dabbashi, detto “Amnu” che tra l’altro, almeno dal 2017 può contare su significativi e generosi contributi europei e italiani in specie (e qui Salvini non può più salvarsi) per il solito motivo: il controllo dei migranti (rectius, la loro tortura o soppressione). Costui ultimamente ha svolto con specifica diligenza il suo compito e ha rapito coi suoi intruppati,  parecchie centinaia di migranti rifugiati nelle abitazioni di una cittadina della Tripolitania. Parecchi fra costoro sono scomparsi dai radar delle notizie, si sa però che 24 bambini sono tenuti prigionieri e in condizioni disumane.

Si potrebbe continuare, ma possiamo risparmiarci altre similari piacevolezze denunciate dalla corte dell’Aja, la quale però aggiunge che i diversi responsabili non sono perseguiti, secondo le norme esistenti e nonostante le comprovate responsabilità, perché vengono protetti da “forze potenti” e dalle nazioni “che usano il conflitto libico per i loro interessi” e le loro politiche. E qui si potrebbero aggiungere le vergogne, le connivenze, le complicità dirette e indirette di troppi Paesi, tra i quali il coinvolgimento degli Italiani “brava gente” resta ben più di un sospetto.

Qualcuno potrebbe dire che il dramma sanitario spiega anche reticenze e disinteresse per la situazione descritta, ma reticenze e connivenze sono iniziate ben prima del Covid. E così i torturatori criminali continuano a godere di ampia protezione.