NUOVI MISTERI, di Raimondo Lemma
NUOVI MISTERI
di Raimondo Iemma
[E’ uscito da poco per Interlinea, nella collana Lyra giovani a cura di Franco Buffoni, il nuovo libro di Raimondo Iemma, Nuovi misteri. Proponiamo alcune poesie].
Una donna mendicava per strada
quest’anno, a poche settimane dall’inverno
e dall’errore grammaticale sul cartello
si deduceva non fosse del luogo.
In questa città, la disposizione delle strade
e degli arredi risponde tuttora
alla conformazione del castro romano:
le prospettive, le lunghe fughe
stordiscono gli autoctoni e ingannano i forestieri.
Quando mi avvicinai, senza intenzioni,
la donna mi rivolse un gesto, torse l’indice
fino a dargli forma di uncino,
poi lo fece roteare. Mi aveva raggiunto
la parodia di una rivelazione
in un giorno di improvvisi squarci.
*
In un certo romanzo, un uomo
succube del proprio datore di lavoro
comincia in segreto a ricattarlo.
Trasmette materiali compromettenti,
lettere anonime che redige la sera,
metodicamente. Non ottiene risposta
ma seguita nel suo proposito. In ufficio
consegue via via migliori risultati
tanto che viene promosso, convocato
dal direttore generale,
e nel silenzio dei piani superiori
un pomeriggio siede, attende di venire ammesso.
Alla sola vista di una targhetta
recante un cognome, gli torna in mente
un suo compagno della scuola elementare
che un giorno gli chiese, lo implorò
di essere battuto con un ramo.
*
Egli passeggiava
lungo il perimetro dell’orto botanico
al centro di un palazzo oggi adibito a ministero.
Camminando descriveva un cerchio, per rendere tributo
alla sua situazione, o forse per
simboleggiarla. Guardava i fiori non sapendo
attribuire loro un nome. I fiori stavano
al centro. Un inserviente
lo scrutava senza intelligenza.
Se dicessi che questi minuti sono passati
direi una cosa oggettiva, tuttavia falsa.
*
Quando il negozio di decorazioni chiuderà
tutti quei manichini, quei vortici di legno,
quegli unguenti di colore finiranno
nei depositi della città
e da lì, dopo mesi di carestia, distribuiti
ad altri messi, ai grossisti del veleno,
suddivisi in più piccole partite
di pitture macilente, a loro volta infuse
in caratteri di morte, in ciniche ingiunzioni.
*
A Costantinopoli pensarono
che fosse preferibile tappezzare di ritratti
i numerosi corridoi dei fabbricati
così da convincere gli invasori
di stare combattendo un nemico molteplice.
E se molti dei ritratti non erano che specchi
questo non fece che accelerare
la perdita di senno dei soldati
e con essa una gratuita crudeltà.
Compiuta l’ecatombe, su di un masso
lasciarono iscritto: il presente riposa
tra gli innumerevoli guanciali dei secoli.
A causa di questo affronto
l’armistizio non fu mai siglato.
[Immagine: Foto di Alexandro Pelaez].