
GRAZIA MARZULLI
Nella carezza del vento, sbocciano fiori
Recensione di Enzo Concardi
Per la collana di testi letterari Alcyone 2000, della Casa Editrice milanese “Guido Miano”, è stata recentemente pubblicata la raccolta poetica Nella carezza del vento, sbocciano i fiori. L’autrice è la professoressa Grazia Marzulli, la prefazione è stata curata da Michele Miano. In copertina disegno di Fabio Recchia dal titolo Abbraccio. Con questo lavoro la poetessa barese ha voluto realizzare una scelta antologica di liriche già edite in passato – tratte da Il volo di Penelope (1998); Salsedine (1999); La luce verticale (2001); Il velo di Maya (2004); Selva di dissonanze (2000); Anfratti fioriti, conchiglie (2003) – corroborata da poesie inedite che appaiono nell’ultima parte del libro con i sottotitoli di Anemoni e Fiori della Resilienza. Anche i testi editi sono stati suddivisi in diverse parti: Viole del pensiero, Fiori di roccia, Visioni.
I fiori in poesia sono solitamente stati utilizzati in funzione simbolica e metaforica, come immagini di caratteristiche personologiche, aggettivazioni tipologiche, realtà di vario genere. Tra le più famose ed importanti opere letterarie che li richiamano con una forte e dirompente potenza emblematica, si annoverano I fiori del male (1857)di Charles Baudelaire. L’autore stesso scrisse in una lettera alla madre: «Questo libro, il cui titolo dice tutto, è rivestito di una bellezza sinistra e fredda… È stato fatto con furore e pazienza». Infatti la sua volontà era quella di “estrarre la bellezza dal male”, ovvero il fare poesia su argomenti cupi, scabrosi, talvolta immorali: perfettamente in linea con le visioni del “poeta maledetto” francese (“poète maudit”) che rigetta i valori borghesi dominanti e diventa ribelle e trasgressivo.
Il riferimento a Baudelaire ci introduce – per contrasto – ai “fiori” che sbocciano dalla carezza del vento, sempre simbolici ma di segno opposto, cioè che rappresentano la bellezza autentica ricercata là dove risiede: nella natura, nell’anima, negli ideali, nella spiritualità, nell’amore, nella speranza, nella coscienza del destino di grandezza dell’uomo, nella serena memoria del passato, nel senso religioso della vita che conduce all’abbraccio con Dio. Sono questi ed altri i “fiori” visitati dalla poetessa, la quale non ignora le ombre del presente e della storia umana, ma con l’intento di denunciarne la negatività e superarle. Non per nulla il libro è disseminato di dotte citazioni illuminanti sull’argomento, tra cui, come incipit, quella di Cesare Pavese («È una gioia vedere tanti rami verdissimi nel vento e tanti fiori prepotenti, sboccianti, è una gran gioia perché nel sangue pure è primavera» e quella di Tagore («Il fiore si nasconde nell’erba, ma il vento sparge il suo profumo»). Letterariamente sono le umili tamerici pascoliane (Myricae – 1891) e La ginestra leopardiana (1845) ad avvicinarsi maggiormente al sentire e allo stile classico della Marzulli. Myracae, in quanto l’intento del Pascoli – ribaltando il concetto virgiliano sulla poesia delle grandi tematiche – è quello di parlare invece delle piccole cose della vita quotidiana, che tuttavia poi assumono un significato universale: per alcuni aspetti è questa una caratteristica dell’autrice; La ginestra, poiché nel Leopardi è Il fiore del deserto (altro titolo) che vince le avversità dell’ambiente esalando i suoi profumi nella desolazione tragica del paesaggio lavico del Vesuvio e nell’autrice esistono i Fiori della Resilienza (ultima parte, con citazione di alcuni versi proprio de La ginestra) che hanno lo stesso significato: leggasi, ad esempio, La coerenza (Lettera ad un giovane studente), dove pone i valori umani come pietre miliari e in tal modo lo esorta: «Vivi secondo coscienza… così saprai resistere a lusinghe e raffiche di vento…».
I testi ci segnalano ancora le suggestioni dei paesaggi e delle architetture in Valle d’Itria, tra muretti a secco, trulli, mulattiere, pietre millenarie, corrosioni carsiche… e il sogno di una «…Naiade scalza / tra fiori di lavanda…» (Ortica e giunchiglia) e attese oltre i recinti interiori. Ci narrano di miti ellenici antichi, delle leggende del mare, di una natura sopraffatta dal cemento. Rimembrano le dolcezze dell’infanzia al tempo delle more e delle ciliege, la nostalgia delle liete ore del passato, l’esempio di «madre Coraggio» (Ultimi battiti) dalla granitica fede, il dolore e la paura dei tempi di guerra. Ricercano ardui scavi interiori, il non perdere il significato della vita, il combattere l’indifferenza, l’Io unico e indivisibile, il giardino dell’anima, la fanciulla antica dall’eterna giovinezza nel cuore. E un grido: «Sei tu, speranza, mio rifugio» (La speranza). In un mondo alienato perseguono orme dell’infinito e le vette del cuore, che si trasformano in una preghiera al Signore. E mistiche visioni cristiane, francescane, implorando Dio per «un’altra possibilità di ricominciare» (Fuoco).
Enzo Concardi
Grazia Marzulli, Nella carezza del vento, sbocciano fiori, prefazione di Michele Miano, Guido Miano Editore, Milano 2023, pp. 96, isbn 978-88-31497-98-5, mianoposta@gmail.com.