un mercato

Un mercato dai piedi d’argilla, Carlo Baviera

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Alessandria. Luigino Bruni il 4 marzo 2020 scriveva una bella riflessione, invitando a ripensare alle scelte sbagliate compiute: “Una immensa impotenza. Abbiamo messo in piedi un sistema economico estremamente vulnerabile. Niente come un virus mostra che il re capitalista è nudo. Come sapeva già Keynes i piedi di argilla del capitalismo sono i sentiments e le emozioni della gente. I grandi strumenti, i potentissimi mezzi dell’economia e della finanza oggi non possono nulla. La mano invisibile si è totalmente inaridita e le voci dei suoi paladini zittite.

Se non avessimo salvato qualche residuo del vecchio stato sociale, massacrato dagli amanti delle mani invisibili, saremmo già stati spazzati via da un invisibile parassita. Ci voleva l’invisibile agli occhi per costringerci ad una quaresima capitalista che i mercati non avrebbero mai fatto spontaneamente, nonostante Greta (è molto bella l’immunità di teens e bambini). Ci voleva un ‘male comune’ per dirci cosa è il dimenticato e deriso bene comune. Il virus passerà, che non passi la sua dolorosa lezione”.

Su un piano diverso, ma non dissimili, le considerazioni di Domenico Quirico del 2 marzo 2020: “E se la Paura, questo immateriale potere, fosse in fondo un lusso, un lusso che solo noi, nel mondo della sicurezza, di favole pulite, terse, confidenti, amabili, possiamo permetterci? Insomma: nel contempo è maledizione e privilegio, che si insinua nelle pause in cui le nostre certezze, salute, Pil, frontiere aperte, per una improvvisa, insidiosa affezione respiratoria di massa, sembrano sfilarsi tra le dita. [..]  in Africa per esempio, tutto diventa tragicamente più semplice. Il panico si fa appunto lusso, come gli ospedali asettici e attrezzati, i virologi, i vaccini che prima o poi si troveranno, le ambulanze, le quarantene precauzionali, il turismo, i supermercati da svuotare. Che loro non hanno. …  La sicurezza di sopravvivere, restar sani, non morire di fame o di kalashnikov e machete, nell’usura di quelle esistenze, nel mondo che percorro io, non è in dotazione. La Peste è permanente, come la vita, e la morte. …..  Allora capisco quello che mi scrive un amico che vive in Niger [..]: «Beati voi che avete solo il problema del coronavirus, qui non riusciamo nemmeno a contarli, i problemi…».

Pensieri. Più che pensieri. Motivi per correggerci e cambiare i nostri stili di vita.

Questa imprevista, imprevedibile, insidiosa, ci aiuterà a comprendere il valore della vita? E che non ne siamo noi i padroni? Ci farà capire che nonostante la scienza (benedetta per le scoperte e le cure che ci permette) e il progresso non siamo sufficientemente garantiti per tutto e per sempre, soprattutto della salute? Che siamo parte di un infinito sistema planetario, dove un soffio ci può far scomparire fisicamente?

E capiremo che le tante discussioni, preoccupazioni, divisioni diventano piccole di fronte all’universo? Che tanti eventi, apparentemente imprevedibili, così come molte difficoltà sociali e fenomeni di massa, derivano da un eccessivo individualismo e da egoismi di ogni genere?

Allora è importante, come avviene dopo disastri come alluvioni, terremoti, guerre, carestie, ripartire rimettendosi a ragionare insieme (nazioni fra di loro e società all’interno dei singoli Stati) per ricostruire condizioni di convivenza che contengano elementi di umanità per tutti.

Non possiamo più dimenticarci che mentre noi ci sentiamo soffocare perché rinchiusi nelle nostre comode case, mentre ci sentiamo reclusi per stare un mese con TV e computer e giradischi a portata di mano, esistono interi popoli che non hanno cibo, che sono in guerra da anni, che muoiono per malattie causate dalla nostra indifferenza.

Non possiamo più dimenticare che esiste una finanza e una economia che uccide, che crea scarti, che produce inequità e iniquità. Che, come ci ricorda Bruni, la nostra situazione sociale riesce ancora a tenere grazie a ciò che si è costruito di welfare (per quanto lacunoso o pur bisognoso di revisione è un elemento fondamentale). Che l’ambiente lo abbiamo sfruttato fino all’impossibile e se non invertiamo i comportamenti con decisioni rapide e decise pagheremo un prezzo superiore a quello del virus.

Speriamo che questa esperienza ci rimetta tutti sulla strada della solidarietà, della fraternità, della giustizia, del tornare ad apprezzare le cose semplici e la vita comunitaria, una visione comune per procedere verso il futuro sapendo che non tutto sarà distrutto dalla morte fisica, e che c’è chi si prende cura di noi e ha dato la vita per noi, anche se siamo microbi nell’universo.