Appunti di un ragionamento ( capitoli 9 e 10 ) di Bruno Mattu

Un romanzo di Bruno Mattu che si compone di 14 capitoli, pubblicheremo 7 post in sequenza con due capitoli ciascuno, ecco i primi due… Pier Carlo Lava 

“Premessa”

Nella vita di un uomo la Luce gioca sempre un ruolo fondamentale, fin da quando apre gli occhi per la prima volta e lascia che vi penetri dentro.

Senza di essa non riuscirebbe neppure a guardarsi e a capire chi è o cosa potrebbe essere.

Ne sono passati di anni dal momento in cui Stelvio ha conosciuto la Luce.

E’ un nome buffo il suo, di quelli che non si sentono spesso in giro. Lo conoscono in pochi e sono loro che lo chiamano quelle rare volte che lui si sente chiamare da qualcuno. Molti che lo frequentano non ci sono più: i lustri quando passano e ne trascorrono in tanti, sembra che non possano fare a meno di cancellare da vicino le persone che più sono care. Una persona più va avanti e più gli sembra di vivere come in una forma di groviera, circondato da tanti buchi, i vuoti lasciati da coloro che sono volati via, dai quali non si può avere più la risposta alle domande che gli si fanno. La tristezza viene proprio da quell’improvviso silenzio che tace a tutte le domande.

Ha il nome di una montagna: forse perché la madre nel generarlo aveva avuto l’impressione di vedervi una persona forte, salda sui propri principi, come sono salde le pendici di una montagna.

Il padre l’aveva visto, ma era troppo indaffarato nei suoi impegni di lavoro per trovare il tempo di pensare un nome.

Stelvio. Ora che sono trascorsi decenni, la cima della sua persona si è imbiancata, proprio come la vetta di quel monte da cui trae il suo nome.

Non è molto alto , ma le sue gambe sono ancora solide.

In questo mondo in cui si misura tutto, dal primo respiro all’ultimo anelito, si sente sempre il bisogno di paragonare. Anche l’età delle persone viene paragonata a qualcosa per rendersi conto del suo trascorrere, anche se basterebbe guardarla in fondo agli occhi una persona e capire che quella che le si attribuisce con i numeri, in realtà è diversa da quella che essa vive dal di dentro.

Anche lui esprime con gli sguardi un’età differente da quella che i capelli bianchi, il viso scavato e le dita lasciano presumere.

In effetti si può parlare di un’età indefinita.

E’ lo spirito che si ha dentro che determina il reale stato d’invecchiamento di una persona.

Spesso le persone giovani sono maggiormente invecchiate di quelle anagraficamente anziane.

Sono gli occhi che fanno la differenza tra le persone, o meglio, è dagli occhi che si scopre quanto si sono arrugginite le persone.

Gli sguardi di chi si volge intorno rivelano apatia e indifferenza o curiosità e interesse.

Chi è sicuro di aver già visto tutto, non spreca tempo a voltarsi e si annoia a tenere ancora a lungo gli occhi  aperti. Chi , invece, sente di non aver affatto imparato mai abbastanza, non vorrebbe mai chiudere gli occhi e si aggira  con la stessa ingenua curiosità di un bambino.

Un bambino, già, ma chi riesce ad esserlo a lungo?

Cap. IX

 “Cos’è la solitudine?

È la vetta dell’insoddisfazione di un individuo. Il punto più alto che può raggiungere chi si ostina a non voler dialogare in modo costruttivo con il suo prossimo. Da quel punto il panorama non è bello: ovunque ci si volti non si vedono cose belle per sé, ma si invidia la compagnia altrui.

Si cerca in sé soddisfazione, ma il proprio Ego è stanco di supplire all’Amore o all’Amicizia con immersioni a tempo pieno nel lavoro o negli hobby, illudendosi che siano la stessa cosa.

Una persona non dovrebbe mai chiudere la porta e le finestre del proprio animo agli altri, barricandosi dentro sé, convinta che tutto ciò che è fuori è cattivo e non la comprende.

È questo l’errore che ne determina l’appassire: non entrano più raggi di sole e le foglie verdi e rigogliose presto ingialliranno e cadranno, lasciando che la pianta resti un arbusto di rami, senza più linfa.

La vita viene dalla Luce: la Luce dei sentimenti. I sobbalzi che il cuore di una persona fa quando si emoziona, sono la molla che spinge la vita ad andare avanti, a non appassire dentro.

Il corpo ha una sua vita biologica che prosegue, ma che al tempo stesso risente delle emozioni che l’animo prova.

Se è solo tristezza che resta chiusa dentro, quella porta sbarrata e quelle finestre oscurate, senza più spiragli di luce, la vita che prosegue è spettrale ed il corpo non proseguirà di molto il proprio cammino prima di decomporsi del tutto alla solitudine della tristezza.

È sempre difficile ricondurre il proprio vivere verso qualcosa. La vita è un fiume che scorre e non da il tempo di approdare dove si vuole. Occorre forza di braccia, di gambe e di cuore.

A volte la solitudine è il risultato di un naufragio, a volte è una rinuncia per paura di non farcela. Può essere anche una scelta. È però sinonimo di sconfitta: perché l’uomo non è fatto per restare solo. Tant’è che chi lo resta troppo a lungo inizia a parlare a voce alta con se stesso perché il pensare solo non suggerisce abbastanza compagnia alla propria solitudine e la rende poco sopportabile a lungo andare.

La solitudine sarà anche una signora all’apparenza affascinante, ma non può certo essere una dama di compagnia.

Chi è solo lo è per davvero.

Ai margini delle strade e della società quanti individui annaspano nella loro solitudine, travolti dall’infelicità di non riconoscersi in un mondo che ha preferito buttarli come rifiuti, piuttosto che capirli e comprenderne l’umanità. Essi sono diversi gli uni dagli altri, anche se nel sopravvivere si somigliano: le poche coperte e i cartoni che li avvolgono come miseri giacigli, le vesti logore e rattoppate a stento, che ne ricoprono i corpi segnati dalle privazioni.

Negli occhi conservano la Luce della loro dignità, pur sembrando esseri bastonati e scacciati dalla vita, insistono a ritagliarsi comunque un posticino anche piccolo, un anfratto dove accovacciare il loro modesto vivere.

Le famiglie di origine hanno reciso i legami, rinnegando questi figli che ai loro occhi sono fardelli ingombranti, ma così facendo hanno perduto l’occasione di crescere e di imparare a risollevare le sorti. Invece di aiutare a trattenere dalla possibile caduta, hanno lasciato che la gravità facesse il suo corso ed anzi, hanno contribuito a seppellire di ingiurie ed improperi il congiunto abbandonandolo ad un destino di completa invisibilità.

L’uomo non è fatto per essere invisibile e non può esserlo, anche se a volte lo vorrebbe, per non soffrire dell’indifferenza dei suoi simili.

L’indifferenza, già, ma che cos’è? 

Cap. X

 “Cos’è l’indifferenza?

È la capacità delle persone di passare in un luogo senza farsi minimamente sfiorare dalla sofferenza che vi alberga, come se non fossero di carne, ossa e sentimenti, ma pezzi di pietra o automi di acciaio insensibili a qualsiasi emozione.

In effetti non tutte le persone sono uguali, ma molte sotto il loro aspetto esteriore nascondono un animo di ghiaccio che sfoderano con eleganza al momento opportuno.

L’indifferenza è un vestito che ci si mette addosso per proseguire rapidamente il proprio egoistico cammino senza rischiare di perdere tempo in soste impreviste per portare aiuto a qualcuno.

Stelvio ne ha conosciuto di indifferenza, in forme molto diverse, ma tutte ugualmente efficaci. Difficile incontrare il Buon Samaritano, sempre più difficile.

Ogni uomo nel corso della sua vita ha ugualmente provato la sensazione di bisogno dell’aiuto di qualcun altro senza trovarlo ed è rimasto indifferente alla richiesta di aiuto che gli veniva rivolta.

L’indifferenza è come un fluido che separa tra loro le persone e le tiene distanti, impedendo che possano comunicare, una specie di formalina, come quella che impedisce agli esseri che vi vengono immersi di deperire e putrefarsi, anche se sono già morti.

Il fluido dell’indifferenza uccide dentro, in ogni essere, la sensibilità che vi alberga, anche se all’apparenza questi continua a vivere, ma in realtà vegeta.

È difficile difendersi dal contagio, anche se i sintomi sono molto simili a quelli dell’egoismo più spinto. Da esso deriva, da un profondo desiderio di conservare il proprio stato ottimale e dalla paura di mettere in forse, di rischiare ciò che in quel momento si possiede.

Se solo si capisse che il possedere dei beni materiali o uno stato ottimale è quanto di più effimero ci possa essere !!! Nessuna persona saggia si avvinghierebbe a degli oggetti che già sa di non poter tenere a lungo nelle sue mani!

Ma esistono ancora le persone sagge?

O forse esse si trovano solo nei libri scritti ancor prima che fosse inventato il modo di stamparli?

Di esse sono rimaste le loro parole, scritte riscritte, tradotte, lette e troppo spesso dimenticate.

L’indifferenza aiuta anche a dimenticare.

Toglie entusiasmo in quello che si vive e spinge all’apatia.

Il mondo ci ha abituato ad accomodarci sulle cose che ci sono state tramandate e se qualcosa si è riusciti ad inventare, è stato al solo fine di metterci ancora più comodi.

Ma quanto spesso rimpiangiamo lo spirito combattivo dei nostri avi di fronte le difficoltà!

Il loro saper vedere le cose da diversi punti di vista consentiva loro di trovare sempre il modo per superare ostacoli all’apparenza insormontabili.

L’indifferenza prevale laddove latitano i sentimenti e ci si indispone verso gli altri, anche con le forme dell’Architettura.

L’architettura, già, ma in che misura influenza l’uomo?

Continua…

Capitolo precedenti

Appunti di un ragionamento ( capitoli 1 e 2 ) di Bruno Mattu

Appunti di un ragionamento ( capitoli 3 e 4 ) di Bruno Mattu

Appunti di un ragionamento ( capitoli 5 e 6 ) di Bruno Mattu

Appunti di un ragionamento ( capitoli 7 e 8 ) di Bruno Mattu