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Racconti, LA CRISI E IL FIGLIO UNICO, Gregorio Asero

LA CRISI E IL FIGLIO UNICO

Il figlio unico ormai è diventato l’Italiano del futuro. Le statistiche sono spietate, nascono sempre meno bambini Italiani, lo confermano le madri: che bel maschietto, a quando la sorellina? Allora è un gran “corna e bicorna”, scongiuri e toccate di palle (virtuali si intende). 

Il figlio unico è geneticamente il bambino di papà e mamma, ma psicologicamente è figlio della crisi, dei metodi anticoncezionali e dell’emancipazione della donna, quest’ultima giusta, ci mancherebbe. I figli, si sa costano troppo e se da ragazzotti ci si diverte ad andare in giro vestiti di stracci, anche se per comprare un paio di jeans devi risparmiare mezzo stipendio, a tre o quattro anni sono tutti vestiti da principi e regine. 

Anche nei ceti più bassi e nonostante la crisi, i nuovi genitori, il figlio lo vogliono lustro e lucente. Il giorno della cresima, non importa se al nord o al sud, i bambini sono tutti vestiti da eredi di ricchi possidenti. Quanta falsità. Perché tutto questo, ma perché il figlio ben vestito è forse l’ultimo “status symbol” cui si vuole esorcizzare la crisi. Insomma, il figlio unico deve appagare quella voglia inconscia di decoro e di benessere. 

Ma per soddisfare queste “esigenze” il figlio deve essere unico. Per farlo sentire il figlio di “qualcuno” ci vogliono i soldi e di questi tempi ce ne sono veramente pochi per cui bisogna fare sacrifici e i sacrifici si possono fare per un figlio, per due è troppo e si rischia di fare brutte figure.