Federica Manzon, con il suo romanzo “Alma”, crea un intricato labirinto di identità, memoria e storia, in cui la città di Trieste diventa il punto di osservazione per i nostri complessi sforzi nel capire chi siamo e dove appartiene la nostra casa.

In questo libro, l’autrice esplora la ricerca incessante e fugace di identità personale, familiare e nazionale, rendendo Trieste un palcoscenico ricco di simbolismi. Il ritorno di Alma, dopo una vita trascorsa altrove, si svolge in tre giorni intensi, durante i quali si scontrerà con il passato e le eredità inaspettate lasciate da suo padre.

Il padre di Alma, un uomo senza radici, detestava il culto del passato e le sue eredità. Mentre Alma cerca di raccogliere l’eredità imprevista, scopre una mappa dimenticata della sua vita a Trieste. La città si presenta a lei con sfaccettature contrastanti: la casa nel viale dei platani, simbolo di un’infanzia tranquilla accanto ai nonni materni, custodi della tradizione mitteleuropea; la casa sul Carso, trasferimento repentino che ha cancellato l’Austriaungheria dalla sua esistenza, e la figura di Vili, figlio di intellettuali di Belgrado, che ha portato profonde trasformazioni.

Il romanzo si snoda attraverso la riscoperta di luoghi e ricordi, mentre Alma si confronta con il passato e con Vili, che ora detiene l’eredità paterna. I tre giorni cruciali, culminanti nella Pasqua ortodossa, diventano il confine netto tra ciò che è stato – l’infanzia, la Jugoslavia del padre, la libertà e l’aria seducente vicino al confine – e ciò che sarà.

La prosa di Federica Manzon, come afferma Francesca Peligra per Maremosso, conferma la forza della sua penna, capace di vertigini liriche e di una vividezza rara. “Alma” è un romanzo che cattura l’intensità dei suoi temi, offrendo ai lettori una narrativa avvincente e profondamente riflessiva.

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