“Il Figlio” di Pablo Neruda è un inno di vita che sorge dal profondo dell’amore, tessendo un delicato intreccio di emozioni e immagini poetiche. La poesia cattura il miracolo della nascita, rivelando il mistero di un nuovo essere che emerge dall’unione di due anime innamorate.

Nel testo, l’autore ci conduce lungo un percorso intriso di simboli e metafore. La scena d’inverno, vicino all’acqua, diviene il teatro in cui il poeta e la sua amata danno vita a un “rosso fuoco”, un simbolo dell’amore che li consuma completamente. Il bacio diventa un atto di fusione, una connessione che trascende il corpo e abbraccia l’anima.

La poesia si trasforma in un viaggio, sia geografico che emotivo. La madre attraversa mari per vedere il suo bambino, mentre il padre percorre la terra con tutte le sue sfide, guerre, montagne, arene e spine, per abbracciare il fianco sottile della donna amata. Questa epopea d’amore e sacrificio diventa il contesto in cui il figlio, l’essenza della loro unione, giunge al mondo.

Il figlio è descritto come proveniente da molteplici elementi naturali – acqua, terra, fuoco e neve. Questa rappresentazione enfatizza la sua connessione con l’intero universo, la sua essenza cosmica. La poesia si evolve in una tempesta, simboleggiando la forza e l’intensità dell’esperienza di dare vita.

Neruda dipinge il figlio come una melodia, una canzone che si eleva attraverso il fogliame di un albero, raggiungendo l’apice di una creazione condivisa. La poesia è un inno alla vita, un tributo alla bellezza di un nuovo inizio, e offre ai lettori un’esperienza commovente e suggestiva che celebra l’amore, la paternità e la meraviglia della creazione.

“Il figlio” di Pablo Neruda
Sai da dove vieni?
… vicino all’acqua d’inverno
io e lei sollevammo un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l’anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.

Così venisti al mondo.
Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.
Così venisti al mondo.

Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.
Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l’albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.