RECENSIONE:

Uno spazio scuro accoglie Lorenzo Gleijeses che inizia la sua performance fatta di gesti nervosi che coinvolgono per intero la sua persona, esercizi ginnici e contorsioni che lo vedono muoversi in tutto lo spazio. Appare sudato, visibilmente provato e comunque non accenna a fermarsi, apparentemente incurante della dura prova fisica che sta affrontando. A farlo smettere è la voce fuori campo del suo maestro che gli dice “per oggi basta” e inutilmente egli cerca di intervenire, consapevole del fatto che non è riuscito ancora a raggiungere la perfezione alla quale aspira. Si dirige verso il fondale dove è presente una parete altrettanto scura e vi si rifugia dietro. Comincia così la performance “Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa” e il nome di quel danzatore conduce subito a un personaggio che appartiene a uno dei racconti più famosi della letteratura mondiale. È a questo personaggio o, meglio, a quello che si ritroverà a essere un mattino appena sveglio, che si ispira la performance (ma sarebbe corretto chiamarla più compiutamente spettacolo) di Lorenzo Gleijeses, in scena da solo per tutta la durata della recita eppure fortemente unito a nomi eccellenti, quali Eugenio Barba e Julia Varley dell’Odin Teatret, che con lui hanno scritto la drammaturgia e si sono occupati della regia, Mirto Baliani, che ha creato le musiche originali e le partiture luminose, e Chiara Lagani del duo Fanny & Alexander che ha prestato la sua consulenza drammaturgica. Dopo che ha seguito l’ingiunzione del suo maestro, la cui voce fuori campo appartiene a Eugenio Barba, rientra in scena nei panni di Gregorio Samsa e compie quei gesti che appartengono alla quotidianità iniziando dalle occupazioni del mattino che si svolgono dopo il risveglio. Il suo deambulare avviene a scatti, saltella nervosamente facendo aderire al pavimento le punte dei piedi le cui calze bianche in quel punto di aderenza sono macchiate di nero, segno questo di un’attitudine a spostarsi in quel modo propria del procedere degli insetti. Intanto la pedana dalla forma di un rettangolo, e sulla quale circola un robot aspirapolvere, ha assunto un colore bianco intenso grazie all’illuminazione fornita da luci led poste sui lati e che le fanno assumere quasi l’aspetto di un ring: è lì che, una volta indossati i panni da ginnasta, lui inizia i suoi esercizi che si fanno sempre più complessi quasi una gara contro un nemico rappresentato da un altro se stesso e che deve assolutamente sconfiggere per ottenere il risultato migliore. Quegli esercizi diventano maniacali fino al punto di farlo stendere per terra e contornare il suo corpo con un pennarello per fissare una volta per tutte lo spazio ideale entro il quale rifugiarsi e che sia in sintonia con la sua persona. Il telefono squilla, risponde: a chiamarlo è suo padre che inizia a lamentarsi per il fatto che non si fa vedere spesso (ne sentiamo la voce diffusa, è quella del suo reale genitore, l’attore e regista Geppy Gleijeses) ma lui non sa cosa rispondere, dichiara di essere troppo occupato con le prove di uno spettacolo che dovrà debuttare fra pochi giorni. C’è quasi una forma di imbarazzo nella sua voce, che nasconde un senso di inadeguatezza, intuiamo che ci potrebbe essere un rapporto padre-figlio non ancora ben risolto. In seguito sarà lui a cercare di mettersi in contatto con il padre ma si scontrerà con la voce metallica preregistrata di un’operatrice che l’avvertirà dell’impossibilità di lasciare messaggi.

Capiamo a questo punto che il riferimento al racconto di Kafka non è legato solo alla metamorfosi del protagonista in una blatta, che pure è citato con dovizia di particolari in un altro momento della pièce, ma ha a che fare anche con un altro testo fondamentale dello scrittore boemo, “Lettera al padre”. E così vengono alla luce aspetti che immaginiamo esistere nella biografia del performer il quale, mentre si è dedicato a forme teatrali e cinematografiche più vicine alla tradizione, compresa quella paterna, sentì il bisogno di affrancarsene in parte, quando arricchì nei primi anni duemila la sua esperienza attoriale con maestri internazionali quali, in particolare Eugenio Barba e Julia Varley, e proprio con quest’ultima aveva scritto e diretto lo spettacolo “Il figlio di Gertrude” che gli fece guadagnare il Premio UBU 2006.

Non è solo il padre a telefonargli. Anche la fidanzata lo chiamerà (la voce fuori campo è di Maria Alberta Navello) che manifesta il proprio scontento nel sentirsi trascurata. Lui d’altro canto cerca di farle capire quanto sia preoccupato del buon esito dello spettacolo che dovrà affrontare a breve e che lo induce a concentrare tutti i suoi sforzi nel dedicarsi il più possibile alle prove. Preoccupazione che si tradurrà nella trasformazione del suo corpo in quello di uno scarafaggio vissuta in un angosciante sogno che lui cercherà di descrivere in un racconto lasciato attraverso un messaggio telefonico alla sua psicanalista assente (la voce fuori campo è di Julia Varley). Un altro messaggio che non è recapitabile perché troppo lungo e quindi troncato dalla voce guida della linea telefonica.

C’è un difetto di comunicazione con il mondo esterno che investe anche la messaggistica telefonica che denota un’impossibilità di interazione con il prossimo procurante uno stato ansiogeno che ha effetto anche sui passi della danza, sempre più energica, convulsa, su una musica che spazia tra il genere pop e l’elettronica intrisa da rumori del quotidiano. Un senso di inadeguatezza porta a vedere irraggiungibile nel danza/attore la ricerca della perfezione assoluta generando la ripetizione ossessiva del movimento danzante. E questa reiterazione si fa sempre più intensa da portarlo a fargli perdere i confini tra teatro e vita reale. Disagio e anche un sentimento vicino al dolore è quello espresso da Gregorio Samsa quando, immaginando di rivolgersi alla fidanzata, dovrà confessare la sua incapacità di amare. Eppure alla fine uno spiraglio ottimistico si genera e ha il dono di una luminosità più calda data dalla sfera solare che appare nel paesaggio descritto sul fondale e che investe la figura dell’uomo che si allontana.

Questo bellissimo spettacolo dalla forte intensità comunicativa, il cui progetto fu avviato e prodotto dal Nordisk Teaterlaboratorium e in Italia da Gitiesse Artisti Riuniti, dopo alcune fortunate messe in scena in varie nostre realtà teatrali, è arrivato al Teatro Franco Parenti per una tre giorni di rappresentazioni, la prima delle quali è stata festeggiata da un pubblico apparso entusiasta. E in effetti Lorenzo Gleijeses già conosciuto per le tante sue prove attoriali (avevo avuto occasione di vederlo recentemente allo Studio Melato del Piccolo Teatro in “Trilogia della città di K”) ha meritato pienamente la felice accoglienza tributatagli: Lo dimostrano la sua agilità nei passi danzanti, la forza non comune dimostrata nel ripetere senza tregua movimenti del corpo che si intuisce sono frutto di lunghi e continui esercizi, il tutto unito a una recitazione verbale non convenzionale nell’assumere varie manifestazioni espressive che mettono in risalto la psicologia del personaggio interpretato ma anche quello, coraggioso, della sua persona intima al di fuori della recita. A conferire ulteriore pregio allo spettacolo sono i preziosi interventi di natura tecnica costituiti dagli effetti speciali creati dal gioco delle luci alla scelta dei suoni, compresi gli interventi musicali più specifici, fino all’oggettistica ricchi di simboli.

Spettacolo consigliato. Uniche due repliche questa sera alle ore 19:15 e domani alle ore 21:00. In calce all’articolo le info per le prenotazioni e l’acquisto dei biglietti.

Visto il giorno 23 aprile 2024

(Carlo Tomeo)

https://www.youtube.com/embed/WgQxz6dlhyc?version=3&rel=1&showsearch=0&showinfo=1&iv_load_policy=1&fs=1&hl=it&autohide=2&wmode=transparent(Video di proprietà di Lorenzo Gleijeses)

BarbaLorenzo Gleijeses e Julia Varley
musiche originali e partiture luminose Mirto Baliani
oggetti coreografici Michele Di Stefano
consulenza drammaturgica Chiara Lagani
scene Roberto Crea
voci off Eugenio Barba, Geppy GleijesesMaria Alberta Navello, Julia Varley
assistente alla regia Manolo Muoio
produzione Gitiesse Artisti Riuniti

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=ojjcjINrZZA

Sala Grande – Durata: 1 ora

19:45 MERCOLEDÌ 24 APRILE – 19:45 GIOVEDÌ 25 APRILE – 21:00
INFO – BIGLIETTI

SETTORE A (file A–I)
intero 25€
SETTORE B (file L–R)
intero 20€; under26/over65 18€; convenzioni 18€
SETTORE C (file S–ZZ)
intero 15€; under26/over65 € 12

Tutti i prezzi non includono i diritti di prevendita Lo spettacolo è inserito nell’abbonamento: Abbonamento liberoCard libere 23-24

Biglietteria
via Pier Lombardo 14
02 59995206
biglietteria@teatrofrancoparenti.it