Le poesie di Marina Donnaruma raccontano un viaggio struggente attraverso il dolore, la negazione dell’amore e, alla fine, la rinascita. Il componimento intriso di emozioni, intitolato “Ho faticato molto per essere capace di amare”, è un inno alla resilienza e all’autenticità delle emozioni umane.

Donnaruma si apre in modo onesto sulla sua esperienza di una vita di amore negato, descritta con parole che trasmettono il peso delle domande senza risposte, delle notti senza pace e degli anni senza fine. Il linguaggio poetico cattura l’angoscia e la solitudine di sentirsi come un cristallo di neve sepolti sotto una coltre di neve, una metafora struggente della sensazione di essere trasparenti, ma allo stesso tempo, intrappolati in una freddezza emotiva.

La poetessa esplora il tema della perdita di sé stessi, della mancanza di riconoscimento e del vuoto interiore che può derivare da esperienze traumatiche. Tuttavia, il poema si evolve, rivelando una rinascita, un processo di scoperta di sé che emerge con forza e bellezza.

Il rituale della scrittura diventa un mezzo di espressione per l’anima di Donnaruma, permettendo all’autrice di dare voce alle emozioni represse per troppo tempo. Le lacrime versate diventano un fiume in piena, senza argini, simboleggiando l’inevitabile liberazione delle passioni e dei sentimenti controllati per tanto tempo.

Il messaggio di speranza e di rinascita che emerge alla fine del componimento è potente e toccante. La capacità di riaccendere la luce interiore, di guardarsi allo specchio e sperimentare nuove sensazioni, è descritta con una sincerità commovente.

In definitiva, Marina Donnaruma ci offre una testimonianza poetica di resilienza e forza interiore. “Versi di Rinascita” rappresenta un’ode alla possibilità di trovare la luce anche nelle situazioni più oscure, e di rinascere dopo un lungo inverno dell’anima.

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Ho faticato molto per essere capace di amare, una vita di amore negato, nel l’incapacità del mio cuore di farlo. Quante domande! Quanti perché! E la notte scivolava via madida di sudore, di lenzuola sgualcite e risposte che non c’erano. Anni senza fine , con la stessa fine di sogni. Interrotti ,di speranze spente. Non ti specchi, non sogni, non ti senti degna di nulla, ti senti un cristallo di neve sotto una coltre di neve. Non ti senti viva, cammini, mangi, parli senza ricordare le parole. Ti senti spenta, non riesci ad accendere quella luce che non trovi più in te. Non ti ricordi se mai l’hai avuta, il ricordo è troppo lontano, troppo distante. Apparentemente sorridi, anche una risata, una battuta ma i tuoi occhi chi li guarda? Nessuno ha la capacità di farlo , forse gli occhi fanno paura, nessuno può leggerli senza sentire il dolore e tutti abbiamo paura del dolore. Cosa sia accaduto, un giorno a quattrocchi te lo dirò, non sai perché è successo! Ma cominci di nuovo a specchiarti e provare cose che pensavi non potevi e riprendi la penna e scrivi e più scrivi e più hai bisogno di farlo. Non sono io che lo faccio è la mia anima che lo fa, il mio cuore lo fa, io sono il mezzo del mio cuore per esprimere le emozioni.Ti sorprendi e versi lacrime che non hai mai versato per decine di anni. Allora sei un fiume in piena, sei senza argini, un inondazione di passione, di sentimenti che dopo tanto controllo ormai non ce l hai. Iris G. . DM