“Il Ritorno” di Oana Lupascu, una poesia datata 9 marzo 2024, si erge come un faro nella notte, illuminando con delicatezza e profondità i temi universali della solitudine, del tempo e dell’assenza. Con un linguaggio che accarezza e lacera l’anima, Lupascu ci porta in un viaggio attraverso il mare dell’esistenza, dove il rumore delle onde diventa simbolo del vuoto che pervade la vita, un vuoto che si manifesta nello sguardo, nei ricordi, nell’essenza stessa dell’essere.

La poesia si apre con l’immagine del mare che “segna il vuoto”, introducendo immediatamente il lettore in un’atmosfera di contemplazione e malinconia. Questo mare, che potrebbe essere fonte di vita e di movimento, diventa invece il custode di un silenzio che si estende attraverso il tempo, un tempo “abitato dal silenzio” che non cambia, immobilizzato in un’eternità di assenza e di mancanza.

Il “vuoto dello sguardo” nell’incontro fugace evoca la profonda solitudine dell’individuo, una solitudine che si nutre di attese sopite e di abbandoni, l’unico “nome rimasto immutato” in un luogo desolato, senza confini né definizioni, dove anche i sogni e le parole sembrano essersi persi. Questa desolazione interiore è esacerbata dalla “marea che s’innalza durante l’ora più buia”, metafora potente dell’inevitabile avanzare del tempo e dell’impossibilità di sfuggire alla propria nudità esistenziale, a quella “invincibile nudità” che si sostituisce al corpo, lasciando l’anima a confrontarsi con la sua indescrivibile solitudine.

“Il Ritorno” è quindi molto più di una poesia sulla solitudine; è una riflessione sulla condizione umana, sul peso del ricordo e sulla lotta incessante con il passare del tempo. Lupascu con la sua penna scava nei recessi più oscuri dell’animo umano, portando alla luce la bellezza struggente di quelle emozioni che, sebbene spesso cerchiamo di nascondere, definiscono l’essenza stessa della nostra esistenza.

Oana Lupascu riesce a trasformare la disperazione e l’abbandono in una forma di bellezza pura, che risuona con chiunque abbia mai sentito il peso della solitudine o la nostalgia di ciò che non può essere recuperato. “Il Ritorno” si staglia così come un monumento alla resilienza dell’anima umana, un promemoria che, anche nei momenti più bui, esiste una forma di grazia nel semplice atto di persistere, di continuare a sentire, di vivere nonostante il vuoto.

IL RITORNO
Il rumore del mare segna il vuoto
Un brivido attraversa il passato
che si perde nella visione sfuggente
del tempo abitato dal silenzio
che non si sposta ormai
non cambia né forma né luogo
Il vuoto dello sguardo
nell’attimo di un incontro
Un’attesa sopita per tutto il tempo
Tenendo in braccio l’abbandono
Unico nome rimasto immutato
in mezzo a questo posto desolato
privo di confini e definizioni
assenza di sogni e di parole
S’innalza la marea durante l’ora più buia
Senza essere vista invincibile nudità
ricordo ossessivo di ciò che non avviene
rimpiazza il suo proprio corpo
E là tutto si ferma
Indicibile solitudine dell’anima
che si sostituisce al corpo
Oana Lupascu
9 marzo 2024