“Ingenuità” di Horion Enky è un affresco poetico che intreccia la duplicità della natura umana con la crudezza della realtà naturale. Nelle sue immagini vivide e a tratti oscure, Enky ci conduce attraverso una danza di contrasti, dove la presunta innocenza si rivela essere un velo sottile che nasconde verità più complesse e talvolta inquietanti.

La poesia si apre con un “frizzo di falsa ingenuità”, un’espressione che subito smaschera l’illusione di un’innocenza pura, suggerendo invece una consapevolezza celata sotto una “elegante smorfia”. Questa introduzione ci prepara a un viaggio attraverso una natura che non è solo fonte di bellezza e vita, ma anche teatro di crudeltà e morte.

Le immagini si susseguono con forza: le api che “succhian l’inchiostro” metaforicamente depredano la saggezza o forse la cultura, mentre gli “roditori di steli” possono essere visti come coloro che rovinano o sottraggono la vitalità al suo stesso nucleo. L’allodola canta un’ode che si confonde con le piume “nell’erba”, un richiamo al mistero e alla fusione tra la creatura e il suo ambiente.

La poesia poi scende in profondità, dove “la radice” si siede e la vita sotto la superficie è presentata in una luce meno romantica: “brucian le rane, balene morte spiaggiate sulla sabbia”. Queste immagini potenti rivelano un senso di tragedia e distruzione che giace sotto l’apparente tranquillità della natura.

Il climax si raggiunge con la visione di un “forziere colmo di male oscuro” che “nasconde il velo”, suggerendo l’esistenza di segreti sepolti e una conoscenza proibita o dimenticata. Il “purgatorio delle ossa” può simboleggiare il prezzo pagato nel corso della vita o della storia, una risonanza di passate tragedie che hanno lasciato il segno nel paesaggio naturale e culturale.

Enky chiude con una nota di inquietante misticismo: “l’occhio della piramide vede ed è luce”. Qui possiamo vedere un riferimento alla conoscenza o alla verità che, nonostante tutti gli stratagemmi e le ingenuità simulate, osserva tutto dal suo punto elevato. È un’immagine che sfida e sovverte, che invita a una riflessione sul potere e sulla conoscenza.

In “Ingenuità”, Horion Enky crea un mondo dove nulla è come sembra, dove l’innocenza è solo una maschera che nasconde la complessità e a volte l’oscurità. Con questa poesia, il poeta sembra dire che la verità della nostra esistenza giace da qualche parte tra la superficie ingannevolmente serena e le profondità oscure che solo raramente osiamo esplorare.