Maria Pellino, nella sua poesia “Paese natìo”, dipinge con eleganza e profondità il ritratto di un paese immerso nella natura e intriso di storia. Attraverso le sue parole, siamo trasportati in un ambiente rurale dove la maestosità del paesaggio si fonde con la semplicità della vita quotidiana.

La poesia si apre con una descrizione evocativa del paese, “arroccato su monti” e avvolto da una “dolcezza profusa” che sembra emanare da ogni angolo di questo luogo magico. Pellino utilizza immagini potenti come “florido barlume boschereccio” per evocare la bellezza quasi mistica delle foreste che circondano il villaggio, conferendo un’aura di antico mistero.

Proseguendo, l’autrice descrive la vita agricola del paese, con i suoi “ulivi e more selvatiche” e “pascoli erbosi brulicanti”, che sono il cuore pulsante di questa comunità. Vi è un profondo senso di connessione con la terra, come se ogni pianta e ogni pietra avessero storie da raccontare.

Particolarmente toccante è l’uso di Pellino dei “sentieri e vie di antica levatura”, che non solo collegano fisicamente i luoghi ma sembrano anche fungere da ponti attraverso il tempo, connessi alle “vestigia dalla memoria brigante”. Questo legame con il passato è un tema ricorrente che offre uno sguardo sulla cultura e sulla storia del luogo, arricchendo ulteriormente il tessuto del poema.

Verso la fine, la poesia si trasforma in una meditazione sul ciclo giornaliero e stagionale della vita nel paese, con il “calar del sole” che porta con sé un “silenzio immenso”. Questo momento di quiete notturna apre la porta a una natura più selvaggia e misteriosa, un richiamo agli aspetti più primitivi e fondamentali dell’esistenza.

In conclusione, “Paese natìo” di Maria Pellino è un’affascinante celebrazione del legame tra l’uomo e la sua terra, un inno alla bellezza e alla continuità della vita rurale. La poesia è un invito a riflettere sulla ricchezza delle nostre radici e sull’importanza di preservare la cultura e la natura che ci circonda.

Poesia di Maria Pellino.

Paese natìo

Di riverbero dolcezza profusa emana,

arroccato su monti

dal florido barlume boschereccio,

il mio paese natìo.

Disteso su radure

di ulivi e more selvatiche

e pascoli erbosi brulicanti.

Sentieri e vie di antica levatura

rasentano rifugi e vestigia

dalla memoria brigante.

Di lontano vette imponenti

sorvegliano le genti

dedite a fatiche contadine.

Al calar del sole un silenzio immenso

si inchina al canto della notte

e al grido fragoroso di creature tenebrose.

E la pace si distende e mi avviluppa.