ecco un regalo, un breve racconto per tenervi compagnia e per provare un po’ di emozioni…

Sara Tricoli blog LeggimiScrivimi

Racconto: Dimmi la verità

di 

Sara Tricoli

Attraverso il locale verso l’uscita, ho una mano appoggiata alla schiena di Sonia per farle strada. Abbiamo appena finito di cenare per concludere una serata davvero affascinante. Siamo in un ristorante in città, non la frequento molto perché è troppo caotica per i miei gusti, ma questa sera siamo andati a teatro, per fare qualcosa di diverso dal solito – nel mio paesino non c’è nulla del genere -.

Sonia mi parla e poiché c’è un gran vociare intorno a noi, mi sporgo un pochino verso di lei per sentire meglio ciò che mi sta dicendo. Inclinandomi il mio sguardo viene catturato da una persona che conosco e che non vedo da diverso tempo: Giulia.

Anche lei ricambia il mio sguardo. È seduta a un tavolino vicino all’ingresso in compagnia di alcuni ragazzi e ragazze. Rimane ferma a fissarmi, con il bicchiere in mano e la sua graziosa bocca leggermente aperta, come se la sorpresa di rivedermi l’avesse davvero lasciata senza parole. Incredibile per una chiacchierona come lei.

Il mio cuore invece si è proprio fermato! 

È ancora più bella di quello che mi ricordavo, ora porta i capelli castani tagliati corti fino alle spalle, sono lisci ma le punte sbarazzine vanno un po’ dove vogliono. I suoi grandi occhi scuri sono sempre lucenti, forse anche di più in questo momento – probabilmente resi splendenti dalla piacevole serata che sta trascorrendo -. Osservo solo un attimo il suo naso piccolo e sottile – ora decorato da un brillantino -, perché il mio sguardo è catturato dalle sue sottili labbra  che si schiudono in un sorriso incerto. 

Alza la mano per salutarmi e io ricambio facendogli un cenno e abbozzando anch’io un mezzo sorriso. Non riesco a fare di meglio!

Per un attimo ho avuto l’impulso di andare da lei, di chiederle come sta, come ha trascorso questi ultimi anni. Vorrei sapere cosa fa, cosa pensa ma soprattutto, se tra quei ragazzi seduti al tavolo con lei c’è il suo fidanzato o magari suo marito… invece, mi volto e esco dal locale.

Del resto della serata non ricordo molto….

I due giorni successivi passano come se al comando ci fosse qualcuno altro: svolgo il mio lavoro all’università, parlo al telefono, esco con gli amici, ma… sono come in trans.

E ora, due sere dopo quell’incontro, uscendo dal bagno del mio appartamento open space, ricavato dalla mansarda dei miei genitori, rimango senza parole: seduta sulla sedia della mia scrivania c’è Giulia che curiosa tra i miei libri e quaderni sparsi qua e là.

Si gira allegra verso di me sorridendomi. «Ciao», mi saluta con disinvoltura. «Non sapevo che questo fosse diventato il tuo appartamento e che avevi il tuo ingresso personale, se lo avessi saputo non avrei disturbato i tuoi. Tua mamma mi ha indicato come arrivare alla tua porta – girando intorno allo stabile -, ma gentilmente mi ha anche detto che la solita via per salire era ancora aperta, quindi mi ha esortata a usarla», dice nel suo solito modo di parlare rapido e frizzante.

Questa sera ho cenato dai miei, non avevo voglia di uscire con gli amici, ma nemmeno di mangiare da solo, quindi ho accettato l’invito di mia madre e poi sono salito al mio appartamento usando la scala interna. Probabilmente devo aver lasciato socchiusa la porta, ecco perché Giulia si sarà sentita autorizzata a entrare.

«Ciao», la saluto senza scompormi troppo. «Come mai qui?»  le chiedo, con un tono più duro di quel che vorrei.

«Potrei dire che ero da queste parti, ma entrambi sappiamo che non capiterei mai da queste parti per caso», mi risponde guardandosi intorno. 

È vero, Giulia odia questo piccolo paese di provincia, infatti appena ha potuto è andata via.

«Complimenti, ti sei fatto proprio un bell’appartamento!» esclama gentile.

Effettivamente è piccolo, ma ho tutto. Un comodo letto e un armadio situati in un lato della stanza fungono da camera da letto. Un cucinino con davanti un piccolo tavolo a due posti, un divano e un bel televisore sono dall’altra parte della stanza, per creare una zona giorno. In centro invece ho sistemato la mia enorme scrivania e di fianco ho posizionato un piccolo mobiletto con sopra il mio impianto stereo con giradischi per ascoltare i dischi in vinile – che adoro -. Mi accorgo di aver lasciato accesa la luce sopra il giradischi, quella che aziono solo quando devo far partire la musica o, come poco fa, quando giro il disco, mentre l’unico altro punto luce è la lampadina sopra la scrivania. La stanza è praticamente in penombra e questo mi da il vantaggio di ricompormi prima di farmi vedere alla luce da lei, perché è sicuro che sono rosso come un peperone.

Ci osserviamo in silenzio per un lungo momento. 

Lei sembra non volermi dire nulla, ma questa situazione sta diventando ridicola.

Facendomi forza riesco finalmente a parlare. «Dimmi la verità, perché sei qui questa sera?» le chiedo sincero, sperando che una sua risposta possa mettere in ordine i miei mille incasinati pensieri. Mi sento per l’ennesima volta preso in giro, attirato a lei per poi essere solo respinto, è un gioco a cui non voglio più partecipare, sono stufo! 

Quando ero un ragazzino l’ho sopportato e va bene, ma ora sono un uomo e non permetterò mai più a nessuna donna di trattarmi come mi ha trattato lei.

Giulia si alza e fa un passo verso di me, solo uno per fortuna… 

Per fortuna perché ha ancora un certo effetto su di me, ma non voglio che se ne accorga. La penombra della stanza mi viene in aiuto ancora una volta, celandole il mio disagio. 

I suoi occhi mi guardano con insistenza, ma questa volta non sarà io a servirle la risposta comoda, non correrò nuovamente in suo aiuto sdrammatizzando la situazione, questa volta deve cavarsela da sola, deve essere sincera.

«Vuoi che ti dica la verità?» mi chiede con dolcezza, reclinando appena il viso da un lato. 

Adoro quando fa così, quando ha quello sguardo ingenuo e gentile, quando mi osserva intensamente e mi parla seriamente… quando mi fa sentire una persona speciale. 

Il mio cuore batte forte, ma io cerco di apparire tranquillo. Ho paura di parlare, in questo momento potrei avere una voce un po’ distorta dall’emozione e quindi, per risponderle, annuisco.

Lei accenna un sorriso imbarazzato e abbassa lo sguardo solo per un attimo, prima di ri-appoggiarlo nel mio e riprende a parlare. «La vera ragione per la quale sono venuta qui questa sera… non la so nemmeno io.»

Si ferma solo un attimo, intuisco subito che è solo l’inizio di un lungo discorso, o meglio, di quella che pare essere una confessione.

«La verità è che io mi sono allontanata da casa mia perché non sopportavo più di vivere nella monotonia, nel falso matrimonio dei miei genitori, perché loro indossano una maschera, quella della coppia felice, ma non lo sono per niente.

La verità è che volevo provare a crearmi una mia realtà. Volevo essere libera, essere artefice del mio futuro, senza l’aiuto di nessuno e soprattutto volevo essere sincera con me stessa e con gli altri.

La verità è che sono fuggita dalla vita semplice, dalle comodità, per sentirmi protagonista.

La verità e che ho sempre creduto che anche tu rappresentassi tutto quello: il mio passato, la semplicità, la scelta facile, il stare insieme perché era quello che tutti si aspettavano da noi, ecco perché non ho mai voluto…» fa una piccola pausa e io spero che lei riprenda a spiegarmi. «Non credo che per te sia facile capire ciò che sto cercando di dirti.» 

Rimane in silenzio a osservarmi, sperando forse in un mio commento, ma sicura di quella sua ultima affermazione.

Devo dirle che si sbaglia, nonostante la paura di usare un tono patetico, trovo il coraggio di parlare. «Comprendo perfettamente!» le dico e sono maledettamente asettico, più asciutto e duro di quel che vorrei.

Nel timore di far trasparire il mio turbamento per averla qui, nel mio appartamento, a pochi centimetri da me, ho usato una freddezza che non mi si addice… non con lei almeno.

Giulia mi sorride tristemente. I suoi grandi occhi scuri si accendono come stelle. Percepisco il suo nervosismo, ma voglio rimanere risoluto. 

Se seguissi il mio istinto compiere un passo verso di lei, riempierei lo spazio che ci separa e l’abbracciarsi forte, per farle capire che io la amo, l’ho sempre amata e molto probabilmente l’amerò per sempre. 

Invece, rimango fermo e la guardo gelido. «Capisco benissimo che tu abbia voluto voltare pagina. Ti sei trasferita in un’altra città, lavori per mantenerti, hai nuovi amici, hai una vita indipendente. È lodevole… ma ancora non mi hai detto…»

Inaspettatamente è lei che riempie lo spazio che ci si separa. 

Siamo vicinissimi, i nostri corpi si sfiorano, lei ha interrotto la mia frase appoggiando il suo dito indice sulle mie labbra.

Poi, come se mi avesse strappato un cerotto, si gira di scatto e torna a sedersi sulla sedia dov’era poco fa.

Mi guarda con determinazione. «La verità è che avevo bisogno di cambiare aria, di cambiare vita. Dovevo trovare me stessa e sapere se ero capace di stare da sola, di cavarmela. Volevo capire se potevo veramente buttarmi tutto alle spalle.»

Io ho capito cosa mi vuole dire, ma quel che non mi è chiaro è il suo atteggiamento, il perché della sua visita. Non voglio sembrare patetico, ma vorrei che mi spiegasse.

Sembra leggermi nel pensiero, infatti riprende a parlare come se mi stesse rispondendo. «Quando ti ho visto l’altra sera al locale, con quella ragazza…»

«Sonia», dico subito, ricordando di essere uscito con lei per conoscerci meglio. È una cara ragazza, una brillante collega, ma non è scattato nulla tra noi, ce lo siamo confessati passeggiando serenamente dopo cena, ma abbiamo anche deciso che ci saremmo rivisti, che ci saremmo dati un’altra possibilità perché abbiamo tanto in comune…

Giulia annuisce. «Non è la tua ragazza, vero?» mi chiede per conferma.

D’istinto vorrei dirle di Sì, per farle dispetto, per vedere la sua reazione, ma io non sono fatto così e quindi le dico la verità. «No», confermo, ma poi aggiungo: «Non ancora almeno, ci stiamo conoscendo.»

Giulia che alla mia prima risposta aveva mostrato sollievo, fa ora una smorfia e commenta, quasi tra sé: «Mi avevano detto che siete solo colleghi in un gruppo di ricerca all’università.»

Io inarco un sopracciglio sorpreso. “Ha chiesto informazioni su di me?“, penso e sono piacevolmente stupito, ma rimango in silenzio.

Dopo un respiro profondo si alza in piedi. «La verità è che sono venuta qui questa sera perché nonostante io abbia provato a dimenticare tutto del mio passato, nonostante io abbia continuato a ripetermi che non mi interessava più nulla del mio passato, nonostante la mia vita attuale mi appaghi e mi renda felice…» 

Fa un altro sospiro e mi confessa finalmente la verità. «Ho sempre pensato a te, ho sempre desiderato te, ho sempre aspettato che un giorno tu potessi venirmi a cercare. Ho sempre sperato che mi amassi! Nonostante tutto, nonostante io sia così…»

Apro la bocca per dire qualcosa ma… sono talmente sorpreso, come penso non mi sia mai capitato in vita mia. La mia mente è vuota e affollata nello stesso modo. “Come può dirmi questo? Come può non essersi accorta di quanto io sia da sempre innamorato di lei?

Un dubbio mi attraversa la mente, forse ho capito male. «In che senso?» le chiedo.

Lei ride, con quella sua meravigliosa risata, quando piega un pochino indietro il capo e i capelli ondeggiando e sulla sua guancia destra si forma quella piccola, ma deliziosa, fossetta… 

La osservo e penso di aver veramente capito male, non può essere vero, non può aver aspettato me, non può desiderare me, non può amare me e non essersi mai accorta di quanto io…

«Sono stata una sciocca a venire qui, a rivangare cose ormai passate. Perdonami, ora ti lascio ai tuoi studi. Comprendo solo ora che se anche un tempo tu… beh, sì insomma, è palese che sei andato avanti.» 

Dicendo così interrompe i miei pensieri, china il capo imbarazzata e si avvia verso la porta – questa volta quella che da all’esterno -. Credo voglia evitare di passare di nuovo da casa dei miei, di incontrarli una seconda volta, loro gli sono sempre stati affezionati, ma lei credo non li ricambi.

«Ti saluto, ci si vede in giro e… tanti cari auguri con la tua Sonia», butta lì senza guardarmi.

Ha già una mano sulla maniglia quando finalmente mi sblocco e con voce roca le ordino: «Aspetta!» 

Faccio due passi verso di lei che continua a non guardarmi, osserva ostinatamente la sua mano sulla maniglia, come se fosse l’unica cosa che ha importanza.

«Mi stai forse dicendo che rivedermi l’altra sera ti ha fatto ripensare a me?» chiedo deciso.

Si gira fulminea e il suo sguardo quasi mi penetra l’anima. Ha gli occhi lucidi, credo cerchi di trattenere le lacrime.

È bellissima, ho il cuore in subbuglio e questo tumulto di sentimenti mi offuscano il cervello. Non capisco più nulla!

«No, ti sto dicendo esattamente il contrario! O meglio, ti sto dicendo che ho sempre pensato a te, anche se non avrei voluto. Ti sto dicendo che ho sempre ignorato i tuoi sentimenti quando giocavamo insieme da ragazzini, perché il mio unico obbiettivo è sempre stato quello di fuggire da qui e non avrei permesso a nessuno di tenermi ancorata con dell’affetto.»

«Allora sapevi che ti amavo, lo hai sempre saputo, mi sembrava strano che non ti fossi accorta di nulla, lo sapevano praticamente tutti!» la rimprovero con un tono burbero che non vorrei usare.

Giulia si morde il labbro… inutile dire quanto anche questo suo gesto mi faccia impazzire i battiti del cuore.

«È vero, l’ho sempre saputo, ma facevo finta di niente… e quando sono andata via di qui, quando ho trovato casa e lavoro e quando mi sono fatta nuovi amici… Ogni volta che mi accadeva qualcosa non facevo altro che pensare a te, al fatto che saresti stata la prima persona a cui avrei voluto raccontare le novità. Sei sempre stato tu l’unico che mi è mancato, che avrei voluto cercare ma… ho lottato contro quel sentimento con tutta me stessa perché tu rappresentavi questo mondo, quello che io rinnego.»

«Allora adesso, cosa è cambiato?» le chiedo in un sussurro, incredulo.

«Sei entrato nella mia realtà. Come quando fai un sogno per tanto tempo e poi, sorprendentemente si realizza. Quando ti ho visto in quel locale, nella mia città, nel mio mondo, è come se tu fossi venuto da me. Ho capito che era possibile, che tu avresti potuto far parte della mia vita, ma… lo comprendo, è troppo tardi! Me ne sono resa conto già quando ho visto il viso sorpreso di tua madre nel rivedermi, nel suo sguardo indagatore e perplesso. Non le hai raccontato di avermi incontrata… forse tu non hai nemmeno più pensato a me… rivedermi non è stato nulla… in fin dei conti avresti potuto avvicinarti, salutarmi, invece… 

Scusami per l’intrusione, mi sono resa ridicola, spero per l’ultima volta. Saluta tua madre e tuo padre da parte mia, digli che li ringrazio per essere stati sempre tanto cortesi con me… io non ho mai fatto nulla per meritarmelo. Addio!»

Conclude con tono deciso, abbassa la maniglia con determinazione per fare un’uscita dignitosa, ma la porta non si apre: ovviamente è chiusa a chiave. Allora rimane in mobile, lo sguardo fisso verso il basso, percepisco il suo imbarazzo, ma non mi importa. 

«Non hai motivo per essere a disagio», le dico gentile, ma lei non si volta, guarda sempre la maniglia senza dire nulla. 

Credo stia piangendo.

Ho paura, ma con la paura non si va da nessuna parte. «Sei sincera? Tutto quello che hai detto è la pura verità? I tuoi sentimenti sono sinceri? Mi ami veramente

Lei annuisce, ma non muove niente altro, né tanto meno parla.

Io proseguo: «Perché adesso siamo adulti, adesso non si gioca più, si fa sul serio. Non puoi dirmi che mi ami e poi buttarmi fuori dalla tua vita, sparire, senza spiegazione, senza… » sono patetico, le sto veramente dando delle regole? Sto veramente dicendo che mi deve amare ora e per sempre, altrimenti non è giusto

Che assurdità! Non si hanno mai garanzie in queste cose.

Mi avvicino a lei e dolcemente la stringo tra le mie braccia. Lei rimane rigida, ferma.

Vorrei dirle quanto la amo, quanto l’ho sempre amata, quanta paura ho, quanto vorrei che mi giurasse che non è uno scherzo, ma solo la pura verità.

Invece, rimango in silenzio e la coccolo dolcemente. Lei, piano piano, si rilassa e si volta per ricambiare l’abbraccio. Passa qualche minuto, in cui mi godo tutto questo, in cui spero non mi dica che è tutto uno scherzo, che mi ha preso in giro ancora una volta e che sono il solito credulone sciocco! Come era solita dirmi quando eravamo solo dei ragazzini…

Finalmente si muove, alza il viso e capisco che avevo ragione, stava piangendo, ma ora sorride felice.

«Lo so che non ti merito, ma se ti prometto di comportarmi bene, di fare la persona matura, di rispettarti come è giusto che sia… credi che prima o poi potrai tornare ad amarmi come un tempo?» sussurra.

«No, non potrei mai amarti come un tempo… vuoi sapere la verità?» Sono uno stronzo, altre lacrime lasciano i suoi splendidi occhi e le rigano le guance, soffre solo perché sto tergiversando. «Credo che il mio amore per te sia in continua crescita e non so fino a dove potrà arrivare.» 

Lei sorride. «È la verità? Mi stai dicendo che mi ami ancora?»

Devo essere sincero, perché io non so fare giochetti, non so essere falso, devo dirle la verità. «Ti sto dicendo che non ho mai smesso di amarti, ma che ho mille dubbi. Quindi di dico: proviamo!»

Sorride e finalmente avvicina le sue labbra alle mie: ci baciamo.

Un bacio vero! Un pegno d’amore!

***

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