“Di un’altra voce sarà la paura” di Yuleisy Cruz Lezcano è una raccolta poetica che intreccia la profondità emotiva con la complessità linguistica, trasportando il lettore in un viaggio attraverso i sentieri tortuosi dell’esistenza umana. Le poesie sono un crogiolo di riflessioni sull’amore, la violenza, la perdita e la resilienza, arricchite da un linguaggio che oscilla tra l’accessibile e l’elusivo, il diretto e il metaforico.

La poetessa, di origini cubane ma bolognese d’adozione, si serve della sua eredità bilingue per creare un tessuto lirico che riflette le sue radici culturali miste, introducendo nella lingua italiana risonanze di un substrato molto diverso, spagnolo e latinoamericano. Questo amalgama linguistico produce un effetto di straniamento affascinante, una specie di dialogo interculturale che arricchisce ogni verso.

Le influenze della grande poesia barocca spagnola, da Luis de Góngora a José Lezama Lima, sono evidenti nel suo stile, che si nutre di un’oscurità luminosa e di un’intensità che sfida il lettore a immergersi completamente nelle profondità delle sue poesie. Yuleisy utilizza la parola come strumento per esplorare e svelare, piuttosto che per nascondere o decorare, guidando il lettore attraverso un labirinto di significati che si dipanano lentamente con la lettura.

Particolarmente potente è il modo in cui affronta il tema della violenza contro le donne, non solo come fenomeno fisico ma anche psicologico, intrecciando dolore personale e collettivo in versi che colpiscono per la loro crudezza emotiva e la loro sincerità brutale. La poesia diventa così un mezzo per la denuncia ma anche per la catarsi e la speranza di riscatto.

“Di un’altra voce sarà la paura” è un’opera che si distingue per la sua capacità di parlare all’anima del lettore, costringendolo a confrontarsi con le zone d’ombra della condizione umana e la possibile luminosità della redenzione attraverso la parola poetica. Lezcano conferma il suo ruolo di voce significativa nel panorama della poesia contemporanea, capace di unire intensità emotiva e ricerca stilistica in un tessuto narrativo di rara efficacia.

Leggi anche:

Alcuni versi scelti:

Accumulo di immagini

A ottantanove anni credeva

di avere perso la paura

delle ombre che si ripetono

ma la notte di Milano traccia un’ombra

incancellabile: due mani stringono

il sogno bianco che resta

sul soffio della luce che basta

a una telecamera dove si accatastano

immagini di fragilit. e dolore.

La notizia apre la cronaca

e fa stupore:

un’anziana derubata

e stuprata sotto casa da un uomo

senza fissa dimora, che ha staccato

un corpo dalle parole per farlo cadere

nel sangue di un altro dire.

Non . mai tardi

per subire, corda interminabile

trascinata da buoi, il peso

della coscienza

non promette pi. ritorno.

Perdono peso le lancette, la tenebra galleggia

nell’accomodamento dello sguardo,

Già vicino all’ultimo traguardo, ora

si gonfia di nebbia.

Non si trovano concetti

per questa tragedia, le idee

giacciono seminate e le immagini

di migliaia di donne

stuprate

si accumulano

nella memoria.

===================

Cento cani su una gatta

Oggi l’inferno mi restituisce

la sua bestialit.: video e fotografia

di una morte che mi ride

di fronte, mentre passo la tangente

dell’incubo, senza ritorno.

Ho urlato .basta. e ancora

urlo .basta., con parole

incomplete. Trascinavo

allora la sofferenza alcolizzata

– da sette corpi sopraffatta –

con pugni e schiaffi incassati

mentre prigioniera li pregavo,

con un lontano tentativo

di lasciarmi volare altrove.

Dalla cronaca: .Falla ubriacare!

Falla ubriacare!. … Coincide

con il mio frullo infecondo

di ufficio. Un’alzata di polvere

si innalza dal terriccio,

sporca la chiamata del mio ventre,

ferito da sette balestre. E io preda

del cannibalismo, profanata

da quattordici mani, uscite dal luogo

di immagini che si moltiplicano, si deformano,

aggredita da fiordi di sguardi che crescevano

sulle mie ferite, sentivo le mie negazioni

smarrite, violentate a numerose

puntate, a infiniti assedi.

Dalla cresta di onde in punta

di piedi, il mio angelo custode

osservava, malato; e senza intervenire

si . girato dall’altro lato, dove

tutto diviene caleidoscopio di silenzio.

E dentro il silenzio si piegano

i miei polmoni con i rami, e i miei occhi

diventano un bosco senza alberi, le mie carni

lavate dalla vergogna del gabbiano,

mi portano lontano, dove pi. volte

sono venuta a conversare con l’angelo

dello sguardo perso che ignora

il male senza nome e la mia ombra

di vittima inascoltata.

Ancora stuprata e stuprata, mi tocca fingere

che sia una rosa la mia croce.

Dai giornali, una voce tra tante voci,

qualcuno dice: .Eravamo cento cani

su una gatta.. E dalla cronaca l’ultima

coltellata, mi riporta al marcio

pelo che non mi cresce sullo stomaco,

che non si lascia fare i nodi, mentre

la mia gola sanguina e vomita

dentro dolore e tosse.

Vittima di un’atroce predazione,

sono un pesce all’amo.

============================

Incubo

Un mazzo di fiori gialli

illumina il sorriso esploso

dei suoi occhi dischiusi

a scoprire la tristezza del mondo

in tante lune sequestrate.

Labbra rosse colme di parole

maltrattate, pensate nel silenzio

dell’anima che intenta a comprendere

la sordit. smarrisce la semantica

del volo, perdendo nella sintassi le piume.

Tumulto nel cuore, senza costume,

non sembra di carne, ma di roccia,

con la luce spenta nell’angoscia

si rialza dal buco di un letto disfatto,

silenziosamente senza respiro.

La notte scende repentina

nell’incubo vivo, ad avvolgere

di orrore l’odio degli umani,

che incoraggiano rassegnati i sogni

insani mentre stuprano una stella

che pi. non brilla.