Indagine Napoli: De Luca jr indagato per corruzione

C’è chi vede lo spiraglio per far saltare il “tappo” della dynasty salernitana. E spunta il caso del procuratore Lembo

Sul lungomare di Salerno soffia un vento gelido. Dopo due giorni a rispondere colpo su colpo (“Andremo avanti come un carro armato, vi faremo ringoiare tutto”, scriveva appena ieri su Facebook), Vincenzo De Luca sceglie la strada del passo indietro del figlio. Ma non è una resa. Roberto comunica di aver presentato le dimissioni da assessore al Bilancio del Comune nella luccicante cornice del Grand Hotel di Salerno, sotto gli occhi attenti del padre, in occasione della presentazione della candidatura alla Camera del fratello Piero. Una mossa studiata nei minimi dettagli, curata nei tempi e nella scenografia. Una strategia difensiva che non può nascondere come la vicenda dell’inchiesta di Fanpage sia piovuta come un fulmine a ciel sereno nell’entorurage del presidente della Campania. Sorpresa che si è mescolata a una forte preoccupazione allorché si è mossa a stretto giro la procura, indagando il più piccolo dei figli per corruzione, mettendogli a soqquadro casa e ufficio.Perché la questione ha un orizzonte molto largo. E in città e in regione i sussurri e i veleni hanno ormai rotto gli argini e si stanno spandendo senza controllo. Perché De Luca jr. si occupava con la massima naturalezza dello smaltimento delle ecoballe di Giugliano, questione prettamente attinente ai compiti della Regione? Perché lo faceva con quello che si è presentato per chi era, cioè Nunzio Perrella, un ex camorrista, quello che teorizzava al procuratore Franco Roberti “per noi la monnezza è oro”? In attesa degli altri capitoli dell’inchiesta del sito napoletano (dovrebbero essere cinque in tutto), le domande lacerano il Pd campano e alimentano la polemica degli avversari politici. E mai come prima prefigura uno scenario da “simul stabunt, simul cadent” dell’intera famiglia De Luca.Il punto è proprio questo. Ancor prima dell’inchiesta penale, che farà il suo corso, ad essere scoperchiato è quello che gli oppositori dell’attuale governatore chiamano il “sistema Salerno”. Un modello in cui gli uomini del presidente – e dunque anche i figli – sono titolati a parlare di tutto quel che rientra nella sfera di potere del capostipite. Il che, traslato a livello regionale, significa dire che tutto quel che riguarda il Pd, riguarda anche loro.Oltre all’elemento di forte preoccupazione, la famiglia De Luca non è riuscita ad arginare anche la marea montante all’interno dello stesso partito. Una polemica piombata sul tavolo a poche settimane dal voto, che rischia di far male a tutti, indistintamente. E per quanto Matteo Renzi assicuri di non aver “mai chiesto le dimissioni a Roberto, sono un garantista”, l’irritazione dei vertici nazionali è arrivata fino a Napoli. E a Salerno. Domenica mattina lo stesso segretario, intervistato dal Mattino, era costretto freudianamente a utilizzare il “turarsi il naso” di montanelliana memoria per spronare i campani a votare Pd. E a domanda specifica sul governatore rispondeva: “Se mi dite che De Luca ha uno stile istituzionale che non è il mio , mi sembra un giudizio del tutto evidente”. E ancora, secco: “Io spero che i miei figli facciano altro, e ho l’impressione che da grandi faranno altro”. Non una presa di distanza, ma poco ci manca, dopo le frettolose parole di venerdì a spiegare che alla Camera il candidato era l’altro rampollo di famiglia, Piero. In qualche modo rivelatorie le parole di Luca Lotti, braccio destro di Renzi: “Siamo di fronte a una scelta personale, ma credo che De Luca jr. abbia fatto delle considerazioni giuste”. Una delle figure di spicco del renzismo a Napoli, il capogruppo in Comune Federico Arienzo, nel dorso cittadino di Repubblica non usava giri di parole: “Questo modo familistico di fare politica mi fa schifo”. Se tre indizi fanno una prova…Da Salerno trapela poco. “Ma quello è un monolite, difficile cavarci qualcosa”, spiega un dirigente Dem di lungo corso. Certo è che un pezzo di classe dirigente, anche fra chi è vicino a De Luca, veda in tutta la vicenda una possibilità. Quella di scardinare un sistema di potere che oggi vede perno il padre, ma che domani sarebbe stato appannaggio dei figli, la cui carriera politica è stata coltivata allo scopo. Un vero e proprio tappo, destinato a bloccare le posizioni apicali in città e in regione per i decenni a seguire. Alcuni arrivano a sostenere che anche Franco Alfieri, “incastrato” dalla telefonata del presidente sulle “fritture” sia da iscrivere in quest’ultimo partito.Fatto sta che l’assenza del capostipite nella giornata campana e napoletana di Renzi, sabato, non è passata inosservata. Tra l’altro il candidato premier si è recato proprio a Giugliano, comune le cui ecoballe sono al centro dell’attenzione dell’incontro di Roberto, e tra le quali proprio Vincenzo e l’allora premier passeggiarono in un video in questi giorni molto chiacchierato in cui annunciavano i passi per la risoluzione del problema smaltimento.Nel partito si mormora che “nemmeno ai tempi di Bassolino” si era arrivati a tali eccessi. E che, nella prima puntata dell’inchiesta di Fanpage, sembrava essere una prassi consolidata che per occuparsi della filiera dei rifiuti bisognasse passare sì alla Sma Campania, ma anche per Salerno. De Luca si è mosso rapidamente. Sabato il siluramento di Lorenzo Di Domenico, consigliere delegato della società regionale. Domenica il passo indietro del figlio. Che molti interpretano come un passo di lato. “Roberto ha rimesso le deleghe in mano al sindaco – fa notare Roberto Celano, da quasi vent’anni consigliere comunale di Salerno in quota Forza Italia – ma nulla toglie che il primo cittadino prenda tempo e, passata la bufera, respinga le dimissioni. Magari il 5 marzo”. Una tesi che trova sponde anche nello stesso Pd, dove tuttavia anche i più convinti anti-deluchiani viaggiano a fari spenti, per non compromettere l’intera campagna elettorale del partito. In serata il sindaco, Vincenzo Napoli, dice parole sibilline: “Roberto ha rimesso nelle mie mani le sue deleghe. Un gesto di grande generosità se si considera l’autorevolezza della sua totale estraneità a quanto riportato in questi giorni. In lui massima fiducia”. Nessun riferimento sull’accettazione o meno delle dimissioni. Tutto sospeso.In serata il fratello maggiore Piero dirama una nota piuttosto aggressiva: “Noi siamo abituati non a parlare contro qualcuno, ma a parlare di qualcosa. Crediamo che il Paese meriti il nostro impegno. Il lavoro, la sicurezza, la scuola e l’università, i diritti delle donne e delle famiglie, sono le priorità del nostro programma e su questi temi, ribadiamo, sono pronto in qualunque momento ad un confronto serio e puntuale con Di Maio”. È solo l’ultimo capitolo di un botta e risposta andato avanti tutto il giorno sull’asse M5s-Pd. Ma i toni lasciano presagire che i De Luca non hanno intenzione di arretrare di un millimetro. Non lo fece il padre quando fu considerato incompatibile a norma di Severino. E quella di Roberto potrebbe essere semplicemente una strategia difensiva suggerita dagli avvocati.Come se non bastasse, in città sta montando la polemica sul procuratore capo di Salerno, Corrado Lembo. Il figlio, Andrea, è candidato sindaco a Campagna, cittadina della provincia, per il Pd. Considerato amico dei figli di De Luca, in un video della sua campagna elettorale e sulla sua pagina Facebook viene dato risalto a Piero, impegnato a sostenerlo nella tentativo di diventare primo cittadino. Andrea, tra l’altro, calcò il palco dell’ultima Leopolda. Raccontò la sua storia, e Renzi lo congedò così: “Vedi di vincere, da quelle parti ne abbiamo bisogno”. Ora al Csm è stata aperta una pratica per esaminare l’eventuale incompatibilità ambientale del padre. Altri sussurri, altri veleni. Il vento sul lungomare di Salerno soffia sempre più gelido.

http://www.huffingtonpost.it/2018/02/18/sussurri-e-veleni-sul-lungomare-di-salerno-de-luca-jr-rimette-le-deleghe-sotto-locchio-attento-del-padre-vincenzo-renzi-lo-difende-ma-il-caso-monta-nel-pd_a_23364798/?ref=nl-huff