Hechìzo VP

Ti ricordi di me? Sono quel batuffolo peloso che comprasti in un negozio di animali: tua figlia non la smetteva di frignare “Ti prego papà!” erano mesi che pregava papà, e alla fine cedesti facendo persino opera di convincimento su tua moglie. Lo facevi per tua figlia certo come no, ma anche un po’ per te: se nella vita non ti obbedisce niente proviamo almeno con il cane, giusto?

  Così venni a stare da voi, all’ inizio eravate tutti coccole e carezze sì anche quella stronza di tua moglie, ero felice.

  Mi hai fatto addestrare per rendermi quanto più simile a te e devo dire che ero diventato piuttosto bravo: “Qua la zampa!” “Seduto!” non perdevo un colpo. Poi il tempo è passato, tua figlia stava crescendo, le tue inquietudini crescevano e insomma le cose sono iniziate presto a cambiare finché smisi di essere il centro delle vostre giocose attenzioni.

  Improvvisamente la casa divenne più piccola, il mio spazio si ridusse finché i confini segnati dai vostri indici tesi e dalle vostre urla si erano talmente ristretti da permettermi il lusso dei movimenti più elementari, i salti di gioia al tuo rientro alla ricerca di risposte dai palmi delle tue mani ormai ti disturbavano, mi respingevi “Buono! Mi sporchi il vestito!”

  Non ci volle molto a comprendere: la mia presenza tra voi non era più desiderata come un tempo ma semplicemente tollerata. Me la ricordo la faccia che facevi quando toccava a te portarmi fuori per la pisciatina serale, anche perché toccava sempre a te povero Cristo… come se avessi chiesto io di essere rinchiuso nella vostra tana di mattoni invece di correre libero nei prati, o di scegliermelo io il padrone così come fate voi altri. Invece no, lì a roteare su me stesso e a scodinzolare per evitare di cagarti in salotto, morire in un canile sarebbe stato più dignitoso: te lo dico in caso ti aspettasti un “grazie” per avermi adottato… comprato anzi.

  Tua moglie in fondo questa faccenda della bestia dentro casa non l’aveva mai del digerita del tutto: me li ricordo bene i calci che mi dava sotto il tavolo: “Sono anni che non ci facciamo una vacanza come si deve per colpa di quella bestia!” e come darle torto? E perché mai sprecare del denaro in un ricovero estivo per cani piuttosto che elargirne generosamente a vostra figlia  –  “Ti prego papà!” – per la discoteca o per quelle pasticchette con cui si sballava nel segreto della sua camera?

  A proposito, non credo di essere stato io il fastidio più grosso per tua moglie sai?  Forse la questione eri proprio tu, almeno a giudicare dalle capriole che faceva nella vostra cuccia tutti i giovedì insieme a quel tuo amico quando eri alla partita, mi portava sempre dei biscotti. Capisci bene che non sarebbe bastata una vacanza romantica per rimettere ordine nel casino che era diventata la bella famiglia di un tempo. Ma tant’è: la scorsa estate decideste di risolvere tutte le vostre rogne iniziando proprio dal buon “fido”.

  Quel pomeriggio, dopo una manciata incalcolabile di chilometri in auto – faceva tanto caldo – finimmo in mezzo a certi campi, apristi il vano posteriore indicandomi di scendere: all’ inizio ho creduto che l’avessi fatto per me “Grazie amico!” pensai “Mi hai portato in un posto nuovo a caccia di odori e cose indecifrabili da rincorrere, per spassarcela come ai vecchi tempi…” Prendesti in mano la pallina da tennis e la lanciasti lontano, dove la tenevi nascosta tutta quella forza? Volevo stupirti: l’avrei rincorsa fino all’ inferno quella fottuta pallina pur di renderti fiero di me, non potevo certo immaginare che mi ci avresti lasciato all’ inferno.

  Mentre osservavo la traiettoria di quell’ oggetto colorato come un tradimento – il mio proverbiale daltonismo mi avrebbe comunque impedito di distinguere l’uno dall’ altra – sentii il rumore brusco dello sportello che si chiudeva: eri salito in macchina. Ricordo ancora il suono del motore: più si attenuava, più la mia angoscia aumentava stringendomi la gola. Ti ho rincorso con la pallina in bocca finché mi hanno retto le zampe, finché non ti ho visto sparire, per riprendere fiato lasciai cadere la pallina zuppa della mia bava appiccicosa sull’ asfalto bollente, girai la testa dalla parte opposta sperando di vederti riapparire, vidi la sete.

  Procurarmi del cibo, difendermi dai tuoi e dai miei stessi simili: cose che per mia natura non sapevo di saper fare ma che grazie a te non avevo mai imparato. Ce l’ho fatta, sono vivo almeno… cicatrice dopo cicatrice.

  Ne è passato di tempo da quando quel batuffolo peloso guaiva ciecamente alla ricerca di un seno e trovò la tua mano. Oggi il mio corpo è un fascio nervoso di istinto e carne dura, se decido di acchiappare qualcosa o qualcuno mi trasformo in una pallottola e corro, corro perfetto lungo i segmenti invisibili che mi separano dal bersaglio, i miei occhi sono ben aperti sulle insidie della strada la cui memoria è tutta dentro lo spillo nero della mia pupilla, insieme alla memoria degli uomini, e a quella di te… amico.

  Sì ci sono ancora, sono nella tua coscienza che ulula, nel rimorso di una forma innocente e tradita che a volte ti tiene sveglio, in tutte le volte che ti dai alla fuga, in una certa idea che affiora disordinatamente tra gli uomini e mi vorrebbe qui davanti a te adesso, in questa periferia che ha il nome rabbioso della rivalsa. Sento l’odore dello sgomento, mi chiama, mi eccita, somiglia a quell’ angoscia che ti stringe la gola come la tortura di un collare troppo stretto.

 Se esiste un ordine naturale delle cose che ci pone su piani evolutivi diversi, io lo definirei semplicemente “circostanza”.  Ma è il punto di vista di un cane, non quello di un dio, e vale quel che vale. Adesso però parliamoci chiaro non contano i nomi delle cose, contano le tue zampe da bipede e quanto riuscirai a farle correre lungo lo spazio che ti separa dalla mia sopravvivenza, e dai miei denti: è la mia scuola, è il tuo destino… allora corri, corri forte, mi troverai sempre lì a inchiodarti come la sorte più ingrata che tu possa comprare. Il mio nome è Paura: corri, corri forte bastardo.

racconto tratto da “ESSI PARLANO” – 2010 (ed. Geniocellula)

di Valentino Picchi http://www.hechizovp.blogspot.com