Racconti. CECILIA, di Gregorio Asero

CECILIA
Mi piaceva scoprire, quelle poche volte ci siamo frequentati e… anche amati, come la sua allegria fosse, di volta in volta, sempre nuova ed esplosiva. Risvegliava, nel mio triste cuore, ciò che la mia condizione in quel periodo della vita non mi permetteva di essere: felice.

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La sensazione che provavo era quella di una “nuova dolcezza”, come quando assapori per la prima volta il gusto di un frutto che mai avevi assaggiato e che si insedia nel tuo palato come fosse una cosa perenne. Quando penso a lei, le mie labbra, quasi come a cercare una sorgente di fresca bramosia, si protendono a gustarne, seppure solo nel ricordo, i suoi caldi e appassionati baci.

Anche la sua intelligenza non finiva mai di stupirmi, seppure avessi conosciuto altre donne più intelligenti e istruite di lei. Ma l’infinito e insondabile campo dove risiede l’amore, che non accetta confronti, fa sì che gli esseri umani di cui ci siamo innamorati siano persone che al nostro cuore creano più emozioni e le loro fisionomie mentali, morali e fisiche, siano per noi elementi che giudichiamo solo in modo personale e soggettivo.

Li adattiamo, questi sentimenti, in continuazione secondo i nostri desideri, i nostri timori, dei quali non ci separiamo mai e diventano un luogo mentale infinito e vago dove la nostra tenerezza raggiunge limiti quasi divini. Non sono mai stato in grado di gestire coerentemente il mio corpo in modo razionale, cui affluiscono di volta in volta fastidi e piaceri, ma solo emotivamente, per cui Cecilia, era e rimane, una donna alla quale ho dato solo amore seppure non come lei lo intendeva.

Forse il mio errore è stato quello di non cercare di conoscere Cecilia a fondo, per quello che era, ma solo per quello che appariva al mio cuore. Però posso dire, senza ombra di dubbio che l’ho amata … anzi che l’amo ancora.
Gregorio Asero

foto Tumbir