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Il Drago

Pochi, sparuti alberi

di un’antica foresta,

immoti,

nel tramonto,

attendono.

Quietati,

per il non aver rami frondosi

che sbattono e stridono all’esasperante soffio del vento,

attendono.

La sua energia, attesa,

arriva:

il Drago spalanca, enorme, la sua bocca e respira.

Il suo calore,

da dove viene, dove va?

Non esisteva più spazio in quell’oblio

dove trovò tra le fiamme, i natali.

Il Drago cercò, allora, tempo diverso

da quello in cui si fuse il suo corpo,

in un mondo diverso

da quello dove ebbe i natali.

Vola, ora, qui,

oltre le nubi,

invisibile e lento,

così che, per lentezza, gli facciano da schermo.

Non sposta nebbia,

non alza vento,

non invoca maledizioni.

Non minaccia, tra i denti, massacri di fiamme e dolori,

non piange lacrime di pioggia per il timore di prodi cavalieri erranti,

celati, con le lance,  tra i pochi, sparuti alberi di un’antica foresta.

La verità è che:

nessuno lo vede,

oltre le nubi,

alto in cielo,

più in alto,

nel gelido spazio astrale

ma, tutti, ne sentono il calore,

in basso tra le nubi,

più in basso,

sulla terra fredda

perché…

perché il Drago respira.

 

L’autore di questo articolo è Maurizio Coscia,  scrittore del libro “Il Viaggio di Simone

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