Gore Vidal Portrait Session

DA DAVIDE ASTEGIANO

Non è semplice parlare di un libro (il cui e-book è stato gentilmente fornito da Fazi, che qui ringrazio moltissimo) così intricato e complesso come L’età dell’oro, e non è un caso che lo sia, vista la ricca storia dell’autore. Gore Vidal infatti, è un uomo dai mille volti, è scrittore sì, ma è anche sceneggiatore, drammaturgo, attore e profondo conoscitore della storia e della politica americana, non a caso, da bambino ha vissuto a lungo con il nonno Thomas Pryor Gore, senatore e futuro oppositore politico di Franklin Delano Roosevelt. È stato testimone e volontario della Seconda Guerra Mondiale, ed è sempre stato legato all’Italia, in particolare a Ravello, sulla costiera amalfitana.

Ad aggiungersi alla ricchezza dell’autore è anche la ricchezza della Storia, rigorosamente con la esse maiuscola, che Vidal si prefigge di narrare. L’età dell’oro fa parte di una saga di libri che prende il nome di Narratives of Empire, di cui rappresenta il testo finale, e racconta l’apice del potere statunitense negli anni tra il 1939 e il 2000. È un libro complicato che affianca a fatti e personaggi reali, personaggi inventati che hanno lo scopo principale di fare speculazioni proprio su questi fatti, separando un po’ il Vidal storico da quello del romanziere.

Quello che spicca di più è proprio il coacervo di personaggi che popolano il libro, e che, soprattutto nella prima parte del romanzo, rendono la lettura, per un maniaco del controllo come me, poco agevole. Ogni istante mi trovavo a controllare febbrilmente chi fosse chi, con il rischio di perdere il filo della narrazione. È sicuramente un romanzo da centellinare e leggere con grandecura e attenzione. Non è una di quelle letture da divorare tutte d’un fiato, ecco.

Ci si ritrova di fronte a una grande scenografia, che attraversa il tempo e lo spazio, dove i protagonisti si sostituiscono gli uni agli altri, con un ruolo prefissato che sanno recitare alla perfezione. E così il lettore viene trascinato da un party, che sa più di intrigo politico, a una convention, che sia del partito repubblicano o democratico, da una riunione di famiglia alla galleria dei sussurri della Casa Bianca. Il merito dell’autore è quello di essere in grado di trattare con nonchalance della nascita della CIA o della commedia musicale per poi tornare a feste e party di lusso dove si giocano le sorti del paese. Sono immagini forti di un passato non tanto lontano.

ROOSEVELT

E non si assiste solo a un continuo cambio di scenografia, ma anche di personaggi. Il testimone viene passato da una generazione all’altra e non si può far altro che assistere muti a cambiamenti radicali per la tecnologia e la politica di un paese che è pronto a prendere le redini del mondo. Le preoccupazioni di Caroline, Tim, Peter diventano le nostre preoccupazioni e la malinconia di assistere a un mondo che cambia radicalmente diventa la nostra malinconia. La Storia e il cambiamento sembrano avanzare di pari passo mentre da F.D. Roosevelt si passa a Truman e poi ancora a Eisenhower.

Peter rabbrividì: un vento freddo scendeva da nord lungo la strada. “È un mondo nuovo, no?”.

“O il vecchio, ma visto nella giusta luce”.

E la Storia è l’altra grande protagonista. Tutto il resto è un semplice pretesto per poter parlare di un paese che si trova davanti a un rinascimento culturale e artistico. L’età dell’oro, come la chiama l’autore, è il tentativo di costruirsiun’identità, diventare un paese in grado di accettare la propria Storia. E il libro ha la struttura della Storia, un ciclo che sembra non fermarsi mai. Ed è spesso proprio Vidal, nei panni di personaggio del suo romanzo, a parlarne. Il suo monito, o forse è più una semplice constatazione, è che il passato, per gli americani, è un universo a parte dalle percezioni irrilevanti.

-Davide

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