Questo è un orario… di Dario Ricciardo

Questo è un orario, la sera del 24 dicembre, che mi è sempre piaciuto: perché c’è meno traffico, la corsa al regalo è diventata una camminare a passo lento per gli ultimi concorrenti; molti sono andati a fare stretching in cucina preparando piatti che al senso principale appaiono variopinti.

dario ricciardo


Io tra poco, aspetto che la corsa finisca del tutto, mi metterò in auto per andare da mia sorella, prenderò in braccio i miei nipoti – chiedendomi del più grande, che ormai in pubblico si imbarazza, se sarà l’ultima volta -, saluterò spaesato esponenti di varie generazioni, guarderò per un attimo quel vuoto accanto a me – sorriderò pensando a chi se n’è andato, lasciando soltanto una scia di parole – poi cercherò il mio posto a tavola. Prima assaggerò un po’ di quelle macchie di colore su piatti anarchici che anticipano la disciplina dello stare seduti uno accanto all’altro.
Mangerò scriteriatamente, ricevendo e mandando messaggi d’auguri, contento di sapere che alcune persone a cui tengo sono contente.
Poi mi annoierò; mi annoio sempre, dopo poco. Ma non mi opporrò alla noia: guarderò gli esponenti della generazione che verrà, chiamiamoli bambini, urlare di gioia e stupore e emozione ad ogni regalo aperto – “Proprio quello che volevo! Proprio quello che volevo!” Mi fa sorridere e commuovere questa frase detta da chi, nonostante i primi dubbi, crede ancora a Babbo Natale.
Infine tornerò a casa, sapendo che non è ancora tardi, che posso ancora leggere i racconti d Charles D’ambrosio o Utopia di Thomas More o forse inizierò uno dei due libri di Edoardo Zambelli, di cui mi hanno parlato molto bene.
Ed è questo ultimo pensiero, la consapevolezza che la festa continuerà anche quando sarò solo, implacabilmente solo, che forse fa sì che questo orario, la sera del 24 dicembre, mi piace così tanto.