WhatsApp Image 2018-02-16 at 16.02.22

Recensione di Cristina Saracano del libro di Maria Teresa Gavazza

Questa parola, rivoluzione, può essere segno di cambiamento in movimento.

Cinquant’anni fa molti ragazzi, ma sopratutto molte ragazze in un’epoca volta al consumismo, hanno accantonato per un attimo i consumi e pensato solo agli effettivi bisogni, primo tra tutti la libertà.

Anche questa parola, libertà, esprime voglia di rinnovare, spalanca orizzonti mai esplorati e porta a nuove conoscenze.

Bisogna essere giovani, coraggiosi, caparbi come lo sono stati le ragazze e i ragazzi che nei tre anni (1967-1968-1969) hanno dato vita a una rivoluzione per ottenere la libertà.

In quegli anni essi sono riusciti a rompere i muri tirati su dai benpensanti e dai conformisti, per passare oltre la realtà che fino ad allora aveva portato a discriminazioni e ingiustizie in contrasto con ciò per cui i padri di questi giovani avevano lottato.

Maria Teresa Gavazza, insegnante e storica, attraverso questo libro ha fatto un’analisi minuziosa, precisa e attenta dell’epoca, dei suoi protagonisti e dei loro stati d’animo.

La narrazione incomincia alla fine del 1967, quando viene occupato Palazzo Campana a Torino, sede delle facoltà umanistiche e continua con la storia di giovani maestre arrivate in città da tutte e province piemontesi, tra cui la narratrice e autrice e, ingenue e curiose, proiettate in un nuovo mondo fatto di ideali da condividere.

Teresa e le altre si trovano nel mezzo di qualcosa di grande, di dirompente per la storia, che segnerà la fine degli anni Sessanta. Perché tutto era incominciato dalle periferie per poi spostarsi al centro, tutto era iniziato con una discussione, per divenire una contestazione globale.

Essere liberi significa anche poter andare oltre le frontiere della propria nazione seguendo gli insegnamenti di un grande “maestro” come Don Milani, citato nel libro, che sostiene che “l’opera è tanto più arte quanto più s’avvicina al vero, così la classe operaia saprà scrivere meglio di quella borghese.”

Purtroppo farsi sentire significa anche violenza, uno dei termini più controversi del ’68. Ma noi possiamo affermare che la contestazione ha ridotto le disuguaglianze e ha accentuato il conflitto sociale, portando in un’Italia ancora troppo chiusa e provinciale importanti conquiste: il diritto di voto ai diciottenni, l’aborto, la riforma psichiatrica, il nuovo diritto di famiglia, il divorzio, che hanno tutte segnato una svolta nelle nostre vite noi nel decennio successivo.

Con la scrittura sempre attenta e dettagliata, Teresa riesce a dare in questo libro un’importante lezione di storia, storia che ha fatto la gente comune, silenziosa e operosa.

Da leggere per non dimenticare.